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Chiesa  

Papa Francesco "a brasa duerte" a Portacomaro

Papa Francesco

Papa Francesco, nella sua visita a Portacomaro il 19-20 novembre 2022, ha ricordato che Cristo è un re che dalla croce vuole abbracciare l’uomo.

«Cristo, Re “a brasa duerte, a braccia aperte”, ci vuole coinvolti e non spettatori». Il 20 novembre 2022 nell’omelia della Messa nella Cattedrale ad Asti, per la solennità di Cristo Re, Papa Francesco ricorda che «sulla croce Gesù vuole abbracciarti, rialzarti e salvarti così come sei, con i tuoi peccati. Chiede di sporcarci le mani» e spiega: «Sono venuto per ritrovare il sapore delle radici».

 

La visita alla sua terra

«È la visita alla sua terra e alla sua famiglia e alla Chiesa astigiana». Mons. Marco Prastaro, torinese vescovo di Asti, esprime il valore dell’«incontro tanto atteso» di Francesco con la terra dei suoi avi, dei suoi nonni, di nonna Rosa, di suo padre Mario, nato a Torino e vissuto a Portacomaro, frazione di Asti fino al febbraio 1929, quando il 21enne ragioniere emigra a Buenos Aires con i genitori Giovanni e Rosa, nonni del futuro Pontefice. Incontro atteso dal 13 marzo 2013, quando Jorge Mario Bergoglio è eletto Papa Francesco. Il 19-20 novembre 2022  «ritorna dove ci sono le radici della sua vita» e la gente trova giusto che venga «a trovare le persone cui è legato per motivi di famiglia, ma anche a portarci alle radici della nostra fede: il Vangelo, la tradizione apostolica, la preghiera e la vita della comunità». Si reca anche a Tigliole, frazione San Carlo, per visitare una cugina. Anche Giovanni Paolo II il 25-26 settembre 1993 fu ad Asti e a Isola d’Asti a casa del cardinale segretario di Stato Angelo Sodano e in piazza del Palio ad Asti beatifica Luigi Marello, nato a Torino, vissuto ad Asti e vescovo di Acqui, lo addita come «esempio e modello di carità» sulla scia della santità subalpina.

 

Le braccia aperte dalla croce

«Il nostro Re apre la braccia a tutti dalla croce e non punta il dito contro nessuno». «Ci chiede di chiamarlo per nome, come ha fatto sul Calvario il buon ladrone, non da spettatori ma da coinvolti e di sporcarci le mani». La Cattedrale di Asti è gremita da 4 mila persone. Nella Giornata mondiale della gioventù celebra l’accolitato del seminarista astigiano Stefano Accornero. Chiede di pregare per la Chiesa di Asti, perché il Signore invii vocazioni sacerdotali, perché la maggioranza sono vecchi, come me. Ci vogliono preti giovani. Preghiamo il Signore perché benedica questa terra». È il momento dei ricordi: «Da queste terre mio padre è partito per emigrare in Argentina; e in queste terre, rese preziose da buoni prodotti del suolo e soprattutto dalla genuina laboriosità della gente, sono venuto a ritrovare il sapore delle radici. Ancora una volta il Vangelo ci riporta alle radici della fede, nell’arido terreno del Calvario dove Gesù, morendo, ha fatto germogliare la speranza. Il re dei Giudei è diverso dagli altri: non è l’uomo forte seduto sul trono ma è appeso al patibolo».

 

Un Dio che non punta il dito

«Il Dio che rovescia i potenti dai troni opera come servo messo in croce», ornato da chiodi e spine, spogliato di tutto ma ricco di amore, dal trono della croce non ammaestra le folle con la parola, non alza più la mano per insegnare, non punta il dito contro nessuno, ma apre le braccia a tutti, a “brasa duerte”. Si è fatto servo perché ciascuno si senta figlio; si lascia insultare e deridere perché in ogni umiliazione nessuno di noi sia più solo; si lascia spogliare perché nessuno si senta spogliato della propria dignità; sale sulla croce perché in ogni crocifisso della storia vi sia la presenza di Dio. Ecco il nostro re dell’universo perché valica i confini più remoti dell’umano, entra nei buchi neri dell’odio e dell’abbandono per illuminare ogni vita e abbracciare ogni realtà. È il Re che festeggiamo! Ma è il Re della mia esistenza?»

 

Fraternità in tempi difficili

Costruire fraternità in tempi di carestia di pace, dall’Ucraina a Gaza. «Il Signore, “a brasa duerte”, ti dà la possibilità di regnare nella vita, se ti arrendi al suo amore mite, che sempre ti perdona, ti rimette in piedi, ti restituisce la dignità regale». Per gli uomini le strade sono due: «C’è chi fa da spettatore e chi si coinvolge. Gli spettatori non era gente cattiva ma, alla vista del Crocifisso, restano spettatori, curiosi e indifferenti. Tutti sono rimasti a guardare con le mani in mano, a braccia conserte». Invece i capi del popolo, i soldati, e uno dei malfattori «deridono, insultano, si sfogano: “Se sei re, salva te stesso”».

 

La malattia dell’indifferenza

Aggiunge Bergoglio: «Una brutta malattia l’indifferenza, verso Gesù e verso i malati, i poveri, i miseri della terra. Vi domando: “Quando tu dai l’elemosina ai poveri, li guardi negli occhi?». Se la risposta è no, si diventa «cristiani all’acqua di rose, che dicono di credere in Dio e di volere la pace, ma non pregano e non si prendono cura del prossimo. Non si interessano di Dio, né di pace. Questi sono cristiani soltanto di parola, superficiali».

 

Dalle scuse alla preghiera e al servizio

Conclude: «Il nostro re dalla croce ci guarda a “brasa duerte”. Sta a noi scegliere se essere spettatori o coinvolti. Di fronte al calo della fede e alla mancanza di partecipazione, cosa facciamo? Ci limitiamo a fare teorie, a criticare, o ci rimbocchiamo le maniche, prendiamo in mano la vita, passiamo dai “se” delle scuse ai “sì” della preghiera e del servizio? Ci sporchiamo le mani come il nostro Dio inchiodato al legno o stiamo con le mani in tasca a guardare?».

Pier Giuseppe Accornero

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