21 Gennaio 2012
Oltre i luoghi comuni
Pinerolo. L’esperienza di suor Irene Vencato impegnata presso il campo nomadi Il vergognoso episodio del recente assalto a un insediamento rom di Torino mi richiama per contrasto alla mente il mio incontro estivo con suor Irene Vencato. Alla Casa Madre delle Suore di San Giuseppe di Pinerolo le mostravo i ritagli di “Avvenire” che davano ampio risalto allo storico incontro fra Benedetto XVI ed i rappresentanti di popolazioni nomadi, e lei mi narrava le esperienze belle e costruttive che ha vissuto al campo nomadi di Pinerolo. Lo frequenta da tre anni, sempre confortata e sostenuta dalla madre generale. Ha cominciato a parlare con i bambini, con le mamme, dicendo chiaramente che non avrebbe dato denaro, ma avrebbe cercato di venire incontro alle loro necessità. La distribuzione di cibo e vestiario è stata il punto di partenza per il crearsi di un clima di reciproca fiducia, affetto e rispetto. Ci sono stati i saluti per strada, le premurose preoccupazioni delle mamme quando suor Irene ha avuto un’indisposizione. Gli uomini sono più riservati, si limitano a rispondere al saluto, manifestano preoccupazione per la mancanza di lavoro. Per far presenti i problemi del campo suor Irene ha conosciuto l’assessore Giorgio Canal e ha ritrovato con i servizi sociali contatti che intratteneva negli anni in cui lavorava alla Casa Famiglia di via Sommeiller. Con i bambini ha iniziato un percorso di catechesi in cui ha potuto esprimere ancora una volta la sua passione educativa, sempre intrecciata con la sua vocazione alla vita consacrata. Una vocazione chiara e forte, interiormente sentita sin dal momento della Prima Comunione, coltivata nel cuore durante le prime esperienze in Azione Cattolica,con compiti di animazione delle bambine più piccole, e nei duri anni del lavoro in fabbrica e della seconda guerra mondiale. Suor Irene si illumina nel sorriso e nello sguardo quando racconta i suoi anni giovanili; ascoltandola si coglie tutta la ricchezza e la bellezza di un’alleanza tra Dio che chiama ed una persona che gli risponde desiderando soltanto di stare con Lui, senza cercare prestigio per sé, e per questo riesce a resistere ad ogni difficoltà, a mantenere la serena consapevolezza sia dei propri limiti sia dei talenti ricevuti e accolti come doni da mettere a servizio: il tutto nell’abbandono amoroso al Padre. Lasciandosi condurre dalla Provvidenza, suor Irene ha potuto far fruttare in vari modi la sua capacità di comunicazione educativa con i bambini. E tutta questa esperienza l’ha donata ai nuovi amici. Ha cominciato con un anno di catechismo recandosi lei stessa al campo, poi li ha invitati ad andare nella sede dove si fa catechesi per la parrocchia San Donato: avrebbero seguito lì il loro programma individualizzato; non tutte le mamme li hanno accompagnati, ma alcune hanno perseverato. Nell’ultima parte del terzo anno, in cui tre bambini hanno ricevuto la Prima Comunione, lei ne ha guidato il felice inserimento nel gruppo di catechismo della parrocchia, dove hanno ritrovato alcuni compagni di scuola (i piccoli del campo sono accolti dalle scuole del territorio, dopo un periodo in cui la maestra Ada Durando insegnava al campo con professionalità e dedizione). Le madri degli altri bambini li hanno accolti bene, loro hanno dimostrato di saper partecipare con consapevolezza ed ordine ad una celebrazione eucaristica, e proprio una delle loro mamme ha proclamato la Parola di Dio nella messa di Prima Comunione. L’amicizia con «il caro prossimo» (espressione di padre Médaille) del campo è sentita da suor Irene come una forte realizzazione di quel servizio ai poveri che fa parte integrante dell’intuizione carismatica da parte del fondatore della congregazione religiosa a cui lei appartiene. L’impegno di sensibilizzazione alla reciproca accettazione tra campo e città deve continuare. Deve crearsi un circolo virtuoso grazie a cui gli abitanti del campo, sentendosi accettati e stimati, vedendosi offerte delle concrete possibilità di far bene, si sentano sempre più motivati a capire e rispettare le regole sociali (e suor Irene vuol aiutarli in questo percorso di crescita). E bisogna che la popolazione superi certi stereotipi dovuti a disinformazione, conosca quanto di buono e valido le persone del campo hanno dimostrato di voler fare e di saper fare: in questo modo diverrà più facile aver fiducia in loro e dare risposte affermative alle loro richieste di un appartamento in affitto, o di un lavoro. Suor Irene ha dei concreti e positivi esempi da raccontare: chiediamole di farlo, quando la incontriamo.
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