Skip to Main Content

Chiesa  

Non essere incredulo, ma credente

Non essere incredulo, ma credente

Commento alle letture della II Domenica di Pasqua a cura di Carmela Pietrarossa. Domenica 3 aprile 2016

“Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente” (Gv 20, 19-31).

 “La sera di quel giorno, il primo della settimana” (20,19), Gesù appare ai suoi discepoli, tramortiti dal dolore e dalla paura, a tal punto da restare chiusi in un luogo per timore dei Giudei, e reca loro il dono della Pace.   

Il primo giorno, secondo il racconto della Genesi, era quello in cui aveva inizio la creazione; ora esso diviene il giorno della “nuova creazione”, giorno “dell’incontro con il Risorto…in cui il Dio che si è fatto uomo, ha patito, è morto ed è stato sepolto ed è risorto” (Benedetto XVI Veglia pasquale 2011).

Gesù si fa riconoscere mostrando i segni della passione ed il Vangelo ci dice che i suoi “gioirono nel vedere il Signore”; avevano il cuore colmo di tristezza ed angoscia, e Gesù appare per rinfrancarli, rasserenarli ed inviarli.  

Soffia su di loro donando lo Spirito richiamando ancora una volta la creazione, a voler sottolineare che in Cristo, in virtù della sua morte e risurrezione, siamo nuove creature.

Gesù ora è con il Padre e colui che crede è pienamente inserito nella circolarità dell’amore trinitario da cui può attingere a piene mani  vita nuova grazie al sacrificio di Cristo.

Egli, dunque, apparendo ai suoi, li restituisce alla vita; gli avvenimenti della passione, infatti, avevano ferito la loro sensibilità, scolpendosi indelebilmente nelle loro menti e provocando, pertanto, reazioni di turbamento, incertezza, timore di aver sbagliato tutto fidandosi di un crocifisso.

La morte di Gesù sembrava aver sepolto non solo il corpo del Maestro, ma con Lui anche l’entusiasmo che aveva accompagnato i giorni della predicazione e la gioia dei momenti trascorsi insieme nella condivisione della ferialità.

In questo contesto Gesù appare loro, mostrando le mani ed il fianco, e li invia per la missione: la risurrezione non ha cancellato i segni dei chiodi, che rimarranno impressi indelebilmente sul corpo glorioso del Maestro; sono i segni tangibili di chi ha dato la vita per amore. E’ proprio Lui!

San Paolo, parlando ai cristiani di Corinto, dirà: “Noi annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio” (1Cor 1,23-24).

La risurrezione, dunque, non può prescindere dall’esperienza della croce e solo attraverso la croce si giunge alla risurrezione. E’ stata la via seguita da Cristo e da lui proposta a quanti si pongono alla sua sequela.

Tommaso non era presente la sera in cui il Cristo ritorna tra i suoi; egli intende verificare personalmente quanto gli viene riferito dai compagni.

Dopo otto giorni Gesù appare nuovamente ai suoi, questa volta c’era anche Tommaso e rivolgendosi a lui gli dice: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Per conoscere Dio occorre toccare le sue piaghe; il gesto di toccare rimanda ad una profonda unione con Gesù, che consente al discepolo di rivivere nella sua vita la passione, morte e risurrezione del suo Maestro. Questo si ripete sempre “nella celebrazione dell’Eucaristia, in cui il Signore entra di nuovo in mezzo ai suoi e si dona a loro, si lascia, per così dire, toccare da loro, si mette a tavola con loro” (Papa Benedetto XVI, cit.).

“Mio Signore e mio Dio!”: è la più bella professione di fede presente nel Vangelo, riservata nell’Antico Testamento a Yahvè, Signore e Dio.  

Il dubbio rientra nel dinamismo dell’intelligenza, ci interroga, ci interpella, fa mettere in discussione delle scelte, le verifica, ma poi, superato, ci unisce ancor più intimamente a Cristo.

Se Tommaso, uno degli apostoli, non avesse manifestato e poi superato questo dubbio, in qual modo avrebbe potuto annunciare il Vangelo di una Persona in cui non credeva? Come altri avrebbero potuto credere se lui per primo non era convinto di quell’annuncio?

Il dubbio nella fede si apre a quella che è stata definita “l’oscura chiarezza della fede”, in cui si crede perché si ama.

Quella di Tommaso è la fede provata, ma non spenta dal fuoco delle tribolazioni, fede maturata sotto il torchio del dubbio e del silenzio del sepolcro, fede di chi non crede per sentito dire, ma perché ha “toccato” nella propria vita i segni dell’amore di Dio, fede di chi constata che vale la pena perdere la vita per Cristo!

Buona domenica in Gesù Maestro, Via, Verità e Vita!

 

tommaso

LASCIA UN COMMENTO  

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *