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Chiesa  

L’enciclica dal barbiere

L’enciclica dal barbiere

24 novembre 2014

Quando si è dal parrucchiere di solito non vengono trattati temi impegnativi. Gli argomenti più ricorrenti riguardano lo sport, fatti di cronaca, il tempo. L’ultima volta, saputo che ero stato da poco ordinato, mi è stato chiesto che cosa fa un diacono. Chi ha posto la domanda ha messo subito le mani avanti dicendo che da bambino aveva fatto il chierichetto, ricevuto Prima Comunione e Cresima, ma poi non è più andato in chiesa. Il tono era smaliziato, di chi non credeva più alle superstizioni, aveva raggiunto maturità e indipendenza di giudizio e sbandierava questa libertà di pensiero come una conquista. Ho spiegato in poche parole quali erano i compiti del diacono, sapendo che non si trattava di un reale interesse, ma tanto per dire qualcosa, convinto che la questione si sarebbe conclusa così come era iniziata. L’interlocutore invece ha chiesto a bruciapelo: «Perché la chiesa, che è il più ricco stato al mondo, non dà tutto ai poveri?»
Non mi sembrava né il luogo, né il momento adatto per una catechesi, tuttavia ho replicato che i mezzi di comunicazione non sempre diffondono notizie veritiere e sovente sono apertamente ostili nei confronti della chiesa. Non dicono che ogni mattina si formano file di persone bisognose davanti alle varie parrocchie, dove non bisogna compilare nessun modulo e poi aspettare la risposta per giorni o mesi. Non viene richiesto nemmeno il certificato di buona condotta, ma sono aiutati anche se hanno avuto problemi con la legge. Si dà, a seconda del bisogno e delle disponibilità, pane, pasta, latte, biscotti, olio, zucchero. Si aiuta a pagare la bolletta della luce, acquistare una bombola di gas, comprare le medicine. Con la crisi attuale, ai questuanti “tradizionali” si sono aggiunte nuove schiere e anche persone che hanno perso il lavoro o hanno lavorato per tutta la vita ma prendono una pensione irrisoria. L’esborso mensile, che per la parrocchia San Donato si aggira sui 2.500 euro, è cresciuto sensibilmente mentre sono diminuite le offerte, perché ognuno pensa a salvare se stesso e il proprio nucleo familiare e si sente in pace con la propria coscienza scaricando le colpe, ora sul governo, ora sulle multinazionali. L’interlocutore ha replicato che non metteva in dubbio queste forme di aiuto in ambito locale, ma criticava il silenzio e la passività delle alte gerarchie. Ho messo al corrente che non era corretto parlare di silenzio e passività perché papa Francesco, nell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, denuncia l’attuale sistema economico come ingiusto alla radice, in quanto speculazione finanziaria, corruzione, evasione fiscale sono solo alcuni degli aspetti della legge del più forte, che genera rifiuti, sacrificati sull’altare di un mercato che governa con tirannia. Persino i diritti umani possono essere utilizzati come giustificazione della difesa di quelli individuali o dei popoli più ricchi che, grazie a molte complicità, creano nuove forme di schiavitù, nella piccola fabbrica clandestina, nella rete di prostituzione, nei bambini utilizzati per l’accattonaggio, nel dipendente che deve lavorare di nascosto perché non è stato regolarizzato. Ho concluso affermando che il papa ha detto chiaramente che è preferibile una chiesa compagna di strada, accidentata, ferita e sporca, a una chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze.
Non so se il mio intervento abbia convinto o meno i presenti, certo è che, una volta tanto, gli avventori non si sono accalorati in una discussione per una squadra di calcio.

Giuseppe Campanaro

IMGP1300 - Copia

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