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Chiesa  

Sinodi diocesani: la svolta arrivò con monsignor Giachetti

Sinodi diocesani: la svolta arrivò con monsignor Giachetti
I Padri conciliari riuniti nella Basilica di San Pietro a Roma
I Padri conciliari riuniti nella Basilica di San Pietro a Roma

Il 20 ottobre 1994, monsignor Pietro Giachetti, firmava il decreto d’indizione del Sinodo Diocesano. Tale evento, che avrebbe coinvolto la Diocesi sino al 29 giugno 1997, è, secondo l’auspicio del Vaticano II (Christus Dominus n.36.2), «l’espressione più significativa della comunione diocesana». Il Codice di Diritto Canonico del 1983 definisce il sinodo diocesano «l’assemblea di sacerdoti e di altri fedeli, di una Chiesa particolare, opportunamente designati, i quali prestano la loro collaborazione al Vescovo diocesano per il bene di tutta la comunità diocesana». Compare una prima importante novità rispetto al Codice del 1917 nel quale il Sinodo era un’assemblea esclusivamente clericale: tale era stato il Sinodo del Vescovo Binaschi nel 1940 e i precedenti Sinodi diocesani del 1762, 1819, 1842, 1899. In queste occasioni non soltanto erano stati membri esclusivi dell’assemblea sinodale i preti ma questi stessi non avevano avuto altro compito che dare la loro approvazione a testi e norme già predisposti. In questo senso appare una seconda novità: nel Sinodo del Vescovo Giachetti non ci si è radunati per approvare documenti predisposti in precedenza, bensì, in un lungo cammino, presbiteri, religiosi e laici hanno contribuito a produrre i documenti sinodali. Una successiva novità, rispetto al passato, riguarda il tempo dedicato all’assemblea sinodale e ai suoi lavori: tre anni, a differenza dei tre giorni dei primi cinque Sinodi. Questi erano stati convocati in parte per necessità contingenti, in parte per altri motivi. Il primo Sinodo, indetto dal vescovo D’Orliè nel 1762, aveva lo scopo di dare uniformità all’attività pastorale nel territorio della diocesi costituita soltanto nel 1748 con parrocchie appartenute, in precedenza, a circoscrizioni ecclesiastiche diverse. Infatti, il territorio della diocesi era stato costituito con parrocchie dipendenti dall’arcidiocesi di Torino, dall’Abbazia di Santa Maria in Pinerolo, dalla Prevostura di Oulx. I preti stessi, all’incirca 250, si erano formati a scuole diverse ed erano stati educati diversamente all’attività pastorale. Nel territorio diocesano poi vi era notevole diversificazione tra i territori di pianura e quelli delle valli montane, tra le valli Germanasca, Pellice, Chisone e le valli di Cesana, Oulx, Bardonecchia. La diocesi, linguisticamente, era divisa tra la zona di lingua italiana e la zona di lingua francese. Il successivo Sinodo, del vescovo Bigex, nel 1819 non si diversificò molto, nel documento conclusivo, dal precedente; tuttavia era necessario ricominciare una comune attività pastorale dopo che parte della diocesi era passata a Susa, la diocesi stessa era stata soppressa e unita a Saluzzo per poi essere ricostituita con un territorio privo delle valli di Cesana, Oulx e Bardonecchia e ampliato con due parrocchie di pianura (Osasco e Macello) e le parrocchie della Val Noce (Roletto, Frossasco, Cantalupa). I preti partecipanti furono circa 150. I primi due Sinodi intesero dare una fisionomia comune alla Diocesi, una struttura organizzativa, una disciplina ecclesiastica, un assetto giuridico ed economico alle parrocchie e al clero e stabilire norme comuni per l’attività pastorale.

Giorgio Grietti

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