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Chiesa  

L’Africa aggredita dagli Europei. Parla don Giovanni Piumatti per 50 anni missionario nel Nord Kivu

L’Africa aggredita dagli Europei. Parla don Giovanni Piumatti per 50 anni missionario nel Nord Kivu

«L’Europa da anni sta facendo all’Africa quello che la Russia sta facendo all’Ucraina». Non usa giri di parole don Giovanni Piumatti, presbitero pinerolese per 50 anni missionario nel Nord Kivu (Repubblica democratica del Congo). L’abbiamo incontrato in redazione per capire qualcosa di più sull’attuale situazione di conflitto che interessa il confine con il Ruanda. «Il mio è il punto di vista non di un esperto di politica internazionale, ma di uno che è stato sul posto per molto tempo e che è tuttora in contatto con la gente della missione e anche con alcuni capi dei ribelli. Fatta questa premessa posso dire che quella che sta avvenendo è una palese aggressione del Ruanda ai danni del Congo, soprattutto nella zona di Goma e di Rutshuru». Don Giovanni precisa che il confine fu tracciato arbitrariamente non tenendo conto che l’area era ed è abitata sia da congolesi che da persone di lingua ruandese. Lungo questo confine agisce il gruppo armato M23. «Per diversi anni questa formazione, composta da ruandesi e congolesi, è stata guidata dal generale Nkunda detto “terminator”, il quale voleva conquistare Goma. Il Ruanda ha sempre negato di appoggiarlo, ma quando è stato respinto da uno dei rari interventi dell’Onu (Missione Monusco), lui si è rifugiato in Ruanda, accolto quasi come un eroe. Successivamente l’M23 è stato “fuso” dentro l’esercito regolare congolese, nel cosiddetto “mixage”». Don Piumatti ricorda che quando l’esercito occupava Mwanga il colonnello era congolese e il suo vice ruandese: «due giorni dopo che il colonnello è partito mi sono messo in viaggio con altri tre italiani e lungo la strada siamo caduti in un’imboscata tesa da due uomini armati ruandesi che, fucile puntato, ci hanno derubati di tutto quello che avevamo. Appena è stato possibile ho chiamato il colonnello e ho denunciato l’accaduto. Quando sono poi rientrato nella missione il colonnello aveva già catturato i due uomini e il suo vice era in piedi accanto a lui, ma senza scarpe. Il colonnello ha commentato: “vede con che gente dobbiamo collaborare?” È chiaro che la collaborazione era forzata».

 

Il nuovo M23

Ora l’M23 è rinato. In parte è rimasto nell’esercito, in parte è fuori. Fa capo ai governi di Ruanda e Uganda e agisce nelle zone di Rutshuru e Bunagana. «Alcuni – riferisce don Giovanni – dicono che stavano già organizzando un attacco o anche solo “un disturbo” lungo la strada che sarebbe stata percorsa nella visita, poi rinviata, di Papa Francesco.  Attualmente a Goma circolano elementi dell’esercito rwandese e in molti parlano esplicitamente di aggressione, negli stessi termini in cui si parla di aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina. Ad essere aggredita è la popolazione dei wanande. Il Ruanda è sovrappopolato e vuole terre per la sua gente, inoltre vuole mettere le mani sul coltan, sul cobalto e sul petrolio di cui è ricchissimo il Nord Kivu. A livello internazionale il governo ruandese è ritenuto un partner commerciale trasparente e affidabile ma, in realtà, sul territorio del Ruanda non c’è nessuno dei prodotti che esportano e un discorso analogo si potrebbe fare per l’Uganda. Il presidente del Ruanda Paul Kagame vuole accogliere profughi ucraini in Rwanda per colonizzare queste zone. Da parte sua il presidente del Congo Tshisekedi si è incontrato con l’ambasciatore russo e poi con quello degli Usa. Fonti attendibili dicono che abbia chiesto aiuto a Putin. E un paese africano che chiede o accetta aiuto dalla Russia, in questi tempi, è un campanello d’allarme troppo enorme per esser preso alla leggera!»

E chi paga le conseguenze di tutto ciò è ovviamente la popolazione civile, ormai da 20 anni, e senza bisogno di mettere in campo troppe forze armate.

 

Un popolo di perenni migranti in casa propria

«La popolazione di Rutshuru fugge ogni qualvolta vede milizie e gruppi armati e poi torna nei propri villaggi appena possibile. Sono perenni migranti in casa propria. Fuggono portandosi appresso le cose più preziose che hanno e si inoltrano nella foresta. Facile immaginare i disagi di questa situazione».

E i cinesi? «Se i cinesi sono dei banditi, gli europei sono semplicemente uguali, ma con la B maiuscola. I paesi europei per l’Africa (fatte le ov

vie distinzioni) sono esattamente ciò che è Putin per l’Ucraina, con meno… folklore. Un Putin portato alle estreme conseguenze. Ma nessuno lo dice, i grandi media non sono presenti in Africa e ripropongono narrazioni falsificate. Come quella che l’Africa ha bisogno del grano ucraino. Non è assolutamente vero. Sono discorsi usati per distogliere l’attenzione dal vero problema: l’aggressione! Sono i disordini indotti a impedire che vengano coltivati i fertilissimi campi del Nord Kivu. Dalla nostra missione per molti anni abbiamo prodotto un’enorme quantità di fagioli che, trasportati e venduti a Kinshasa, nutrivano la capitale per un mese. Ma poi accade che arrivino multinazionali a proporre agli agricoltori sementi ibride che rendono di più ma sono sterili. Così è avvenuto col frumento, fino a quando si sono esaurite le scorte di sementi tradizionali. Poi la multinazionale se n’è andata e gli agricoltori sono rimasti senza sementi ibride e senza quelle che utilizzavano prima. Questa è la reale situazione».

La pornografia della carità

A fronte di tutto questo gli europei (noi compresi) continuano a porsi ed apparire nei confronti dell’Africa come i potenti che sanno fare tutto, e come i “buoni” che aiutano, mutuando la convinzione che gli africani non ce la possano fare da soli e abbiano bisogno dei nostri aiuti.

«Chiunque arrivi in un villaggio africano è subito visto come “colui che sa più”, semplicemente perché è bianco, tanto più se ha due soldi in tasca. E questa immagine spesso a noi non dispiace: eredità del colonialismo, forse la più dannosa! L’ho visto coi miei occhi. E tutto questo in perfetta buonafede.

Sembrano riflessioni sottili, dettagli, ma servono a mantenere l’immagine errata che abbiamo degli africani: poveri mendicanti che han bisogno del nostro aiuto. In realtà là c’è la ricchezza dei minerali di cui noi abbiamo bisogno per vivere nel benessere che ci siamo creati. Questa è una sorta di “pornografia della carità” – aggiunge don Piumatti, citando una frase corrente –. Un inganno nel quale cadono molte persone buone che vorrebbero veramente dare una mano. Il problema è che mentre noi dormiamo il maligno semina.

Dobbiamo svegliarci da questo sonno e prendere coscienza della realtà. Il modo migliore per farlo è quello di andare in Africa, di conoscere da vicino la realtà; e qua in Italia, riflettere più seriamente sui gesti che facciamo. Gli africani conoscono la loro situazione di sfruttati molto meglio di quanto noi conosciamo la nostra di sfruttatori (inconsapevoli). Se non li incontriamo, se continuiamo a considerarli “quelli che devono imparare”, saremo complici di tutti gli orrori che stanno accadendo in quella terra».

Nel solo Nord Kivu ogni settimana ci sono 20-30 morti causati dagli scontri con i ribelli, molti dei quali aspettano solo una possibilità per poter uscire dai gruppi armati. «Se avessi qualche alternativa da proporre a questi giovani si potrebbe, senza grandi difficoltà e nell’arco di breve tempo, far uscire oltre 1000 ribelli dai gruppi armati. Ma pare che anche su questo fronte nessuno voglia sentire…»

 

Patrizio Righero 

 

 

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  • Giovanni says:

    grazie Patrizio per questo piccolo e serio sguardo sul Kivu, RDC, sulla guerra, M23, Adf terroristi di Isis. Situazione di cui noi dobbiamo prendere coscienza, come disattenti “responsabili” della globale ingiustizia, ben organizzata ed alimentata.
    Prender coscienza anche dell’ umiliante immagine che continuiamo ad avere dei “poveri africani”, e di noi “buoni”, che li aiutiamo raccogliendo “soldi per loro”.

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