Skip to Main Content

Chiesa  

La tragedia della guerra sfidata dall’amore

La tragedia della guerra sfidata dall’amore

6 ottobre 2014

Ottobre missionario. Don Giovanni Piumatti scrive da Muhanga (Repubblica Democratica del Congo)

Sarebbe deviante se vi parlassi dei brutti momenti che abbiamo vissuto nella seconda metà di settembre per attirar l’attenzione sul mese missionario, o sul problema del terzo mondo, dei paesi impoveriti.
Ma ve ne devo parlare comunque, perché non si può tacere una grande tragedia che colpisce i nostri fratelli nel silenzio e nell’indifferenza del mondo.
È stata una tragedia: un mattino normalissimo uscire di chiesa, dove sei stato a messa, e sentire una sparatoria improvvisa che ti fa salire il cuore in gola, e ti toglie il respiro, mentre corri a casa dai tuoi bambini, per metterli al riparo.
È stata una tragedia: per una mamma, seduta in cucina col figlio Gloire di 4 anni sulle ginocchia, vederselo trapassare freddamente da una pallottola e morire lì, tra le sue braccia.
È stata una grande tragedia: per centinaia di bimbi e mamme con fagotti, racimolati in pochi minuti, buttarsi sui sentieri tra gli alberi, sotto la pioggia, di notte, per raggiungere il villaggio di Bingi a 42 kilometri.
È una tragedia la guerra! Anche la nostra guerra, taciuta, nascosta per permettere soprusi, che fanno comodo al benessere di pochi.
Eppure c’è una tragedia ancor più grande.
Dimenticare che ho un fratello.
Vivere senza rendermi che mio fratello è in punto di morte.
Eludere quella famosa domanda del Padre che mi chiede «dov’è tuo fratello?»
È specialmente questo quel che dobbiamo dirci.
Perché oggi -sembra strano, ma è così- non è sempre facile rendersene conto. Abbiamo tanti mezzi per sapere, ma viviamo come gente che non sa. Abbiamo anche troppe distrazioni. Persino i grossi problemi del lavoro, della casa, della precarietà scendono al livello di distrazioni.
È facile diventare come quel tizio della parabola che sta a casa sua, in fondo mangia e veste ancora abbastanza bene. Ed ignora che sulla porta sta Lazzaro, in silenzio.
È per questo che c’è il mese missionario, a partire da Roma fino alla piccola parrocchia di Bourchet: per prender coscienza. Nessuno ha il diritto di dire «io non ho tempo per questo, ho altri grossi problemi che mi schiacciano, noi facciamo già molto, oggi le missioni sono qua». Nessuno! Neppure il miglior intenzionato.
Non c’è più il terzo mondo e il secondo e il primo; ce n’è uno solo, e noi lo abbiamo spaccato in due: su una metà vive un miliardo di persone che ignora l’altra metà, che è fatta di 6 miliardi, sulle cui spalle pesa con uno stile ed un ritmo di vita impossibile per tutti noi insieme.
Ed allora la Chiesa, la Chiesa istituzione, quella di Papa Francesco, la nostra famiglia, ci invita a riflettere un po’ di più, in questo mese di ottobre.
Vivere sapendo che Lazzaro è seduto lì fuori.
Si parla, e giustamente, dei diritti della donna, diritti dei bambini, diritti di tutte le diversità: religione, cultura, genere …
Mese di ottobre: diritti dei Paesi impoveriti; cioè doveri nostri nei loro confronti.
Ancora un dettaglio, che dettaglio non è. Lazzaro, Africa, Brasile, Asia, Mondo sfruttato: i 6 miliardi non sono un peso. Qualcuno è tentato di vederlo così. Invece no! Avere un Abele, avere altri fratelli, aspettare un fratellino… è una ricchezza, un grande dono! Prima di essere una responsabilità è sicuramente una grande gioia.
Non potrò mai dimenticare un mio caro amico, figlio unico: si vedeva che soffriva veramente, quando gli parlavo dei miei tre fratelli, delle mie decine e decine di cugini. Quanto mi invidiava! Alla sofferenza del figlio unico contrapponiamo la gioia di esser fratelli!

CRONACA DEGLI ULTIMI ATTACCHI DEI GUERRIGLIERI NEL NORD KIVU

Martedì 16 settembre al mattino
Stavamo facendo una riunione nel salone comunitario, dopo la messa: improvvisamente sentiamo una sparatoria sulla collina di fronte (2 km in linea d’aria). Panico totale.
Attacco dei ribelli Tsheka. Inseguono i ruandesi (Hutu), dicono loro.
Alle 12 una delegazione viene a vederci.
Alle 17 un’altra. Molto inferocita.
Alle 18, 30 i Mayi-Mayi, altro gruppo di ribelli (guidati dal generale Lafontaine) e i ruandesi hutu: si sparano addosso, mescolati alla gente del villaggio. Scontro di mezzora.
Dalle 19 alle 24: saccheggio totale a Bunyatenge, poco distante da Muhanga dove seguiamo il succedersi dei fatti col fiato in gola, non sappiamo se passeranno anche di qui. No, per adesso passano oltre.
Moltissimi si son rifugiati alla missione, donne e bimbi; altri scappano nella foresta, bimbi e donne sotto la pioggia.
I Tsheka si son portati dietro oltre 50 persone donne e ragazze e giovani, sequestrati come portatori.
Molti scappano da Bunyatenge, quasi tutti, e a Muhanga siamo rimasti metà.

Mercoledì 17settembre al mattino
Nessuna autorità si muove. Abbiamo telefonato alla MONUC (acronimo dal francese Mission de l’Organisation des Nations Unies en République démocratique du Congo, n.d.r.) chiedendo un po’ di pietà per questa gente impaurita e traumatizzata, un’attenzione, una presenza, nulla di più. Sono arrivati 3 elicotteri, hanno fatto due giri su Bunyatenge e due su Muhanga, 40-50 metri sulle nostre teste. Se fossero scesi 10 minuti potevano dire una parola di coraggio alla gente e ascoltarla. E ci avrebbero fatto un po’ di bene. Se invece di rientrare subito su Goma si fossero spostati di 3-4 km (un minuto di tempo!) verso ovest, avrebbero visto con facilità una colonna di ribelli Cheka (oltre 100) stracarichi di bottino, molti ragazzini col fucile, molte bimbe e mamme sequestrate e cariche di fagotti… Ma non lo han fatto! Già ieri han fatto sorvolato la zona, ma a 10 km di lontananza dai fucili ch’erano qui con noi. Se invece di elicotteri avessero mandato una macchina con due o tre osservatori, e due fucili (per proteggerli!) la missione sarebbe costata meno di un millesimo della “passeggiata degli elicotteri” ed avrebbero fatto un bene immenso alla popolazione, e senza correre pericolo. Non lo hanno fatto. E stanotte centinaia di bimbi dormiranno tra gli alberi (sta piovendo) e domani altri si metteranno in cammino.

Giovedì 18 settembre
Viaggio a Lubero per parlare con le autorità e per smuovere l’ONU.

Sabato 20 settembre
Alla missione di Muhanga arrivano 3 nuovi ospiti italiani
Ora siamo abbastanza tranquilli. Gli elicotteri dell’ONU ci girano sulla testa da 5 giorni, non osano scendere, ma ripeto ora siamo abbastanza tranquilli.

Giovedì 25settembre
È arrivata la Croce Rossa Internazionale. MONUC ha annunciato l’arrivo il prossimo 30 settembre.

LA SPERANZA
Don Piumatti ci fa sapere «ora siamo abbastanza tranquilli», un pensiero di speranza. Anche Elia Pegollo, volontario in Congo, ci ha trasmesso una cronaca carica di angoscia, ma ha concluso così: «La speranza che la pace torni e che la vita possa riprendere il suo corso è davvero nel cuore di tutti. Ho vissuto alla missione per circa 5 mesi, ho conosciuto gli abitanti di Muhanga, ho insegnato a mamme, papà, maestri, professori e direttori didattici oltre che agli allievi della scuola media, riscontrando sempre riconoscenza e affetto, bontà d’animo e radicata solidarietà pur nelle difficili condizioni di vita, esposta ad innumerevoli pericoli».

bambini_africani

Giovanni Piumatti, Muhanga Repubblica Democratica del Congo
Direttore del Centro Missionario Diocesano

LASCIA UN COMMENTO  

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *