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Chiesa  

La Passione di Sordevolo: molto più di una spettacolo

La Passione di Sordevolo: molto più di una spettacolo

22 agosto 2015

Passione e coraggio sono due parole molto belle, e spesso vanno mano nella mano. Di certo, questo accade a Sordevolo, un paese vicino a Biella, in Piemonte, in cui, ogni cinque anni, si realizza un’impresa sempre unica, sempre uguale e sempre diversa: la sacra rappresentazione della Passione di Cristo.

Ci vuole coraggio perché l’impegno, totalmente volontario, dell’intero paese nell’allestimento è incommensurabile (ma se si vuole conteggiarlo, e ci hanno provato, si arriva ad ottantamila ore lavorative gratuite). Ci vuole coraggio nel lasciarsi coinvolgere così tanto da due delle sfide forse più impopolari nel nostro oggi – la sofferenza e la fede. Ci vuole coraggio nel proporre, alle tante persone che assiepano il bellissimo anfiteatro, una recitazione di quasi tre ore, realizzata (seppur con somma cura) da attori non professionisti, ed il cui testo è in versi rimati in italiano cinquecentesco.

Eppure il coraggio dei sordevolesi è tutto questo, ma è anche molto di più. È un atto di fede, anche se probabilmente non tutti i numerosissimi attori e comparse frequentano la chiesa, e magari qualcuno nemmeno crede in Dio. È un atto sociale, perché crea e rinsalda una comunità di persone, che vivono le une accanto alle altre, magari bisticciano come tutti per il giardino o per i panni stesi, ma che sanno unirsi in un enorme sforzo collettivo in cui molti rimangono anonimi, ma tutti sono necessari. È un atto culturale, perché è un’efficacissima Biblia pauperum, in cui la Passione di Cristo è resa nel linguaggio (verbale) della gente povera del periodo cui risale il testo, e perché si riallaccia, visivamente, ad innumerevoli raffigurazioni artistiche fra cui è impossibile non ricordare la tradizione dei Sacri Monti che punteggiano le Alpi o l’espressività bieca e caricaturale delle turbe dipinte da Defendente Ferrari. È un atto di accoglienza, perché la comunità di Sordevolo si spende, si dona e si regala per accogliere i visitatori: ed il calore, la gentilezza e la premura che ho incontrato sembrano dire, a chi giunge, che è una gioia per il paese poter spezzare il proprio pane con chi ha il coraggio, a sua volta, di mettersi in gioco per gustarlo. È anche uno spettacolo, naturalmente, in cui non mancano emozioni forti, effetti speciali ben riusciti, una scenografia imponente ed armoniosa, momenti di incanto e stupore (soprattutto grazie alle galoppate dei soldati romani a cavallo) e anche di tenerezza divertita (soprattutto grazie agli adorabili diavoletti, bambini piccolissimi in pigiami rosso sgargiante con tanto di coda, che strillano e fanno capriole a più non posso).

È, soprattutto, un atto di pietà, nel senso ricco, pieno ed in parte perduto di questa parola antica. Pietà come com-passione: senza mai cadere nel kitsch o nello splatter, la rappresentazione pone chiunque, credente e non credente, di fronte al mistero della sofferenza, ed in particolare della sofferenza innocente. Il protagonista, interprete del Cristo da due edizioni, spiega con semplicità che, per il suo ruolo, ci sono tre diversi attori: non solo, ovviamente, per poter provvedere ad eventuali indisponibilità improvvise, ma anche perché “Il ‘Cristo’ ne esce un po’ distrutto, e c’è bisogno di un po’ di tempo per riprendersi”. Così come il protagonista si immedesima nel Cristo tanto da sottoporsi a disagi fisici e fatiche interiori non indifferenti, allo stesso modo lo spettatore non può non sentirsi interrogato, interpellato e coinvolto da quanto vede e sente.

È anche pietà come pietas, che, in ultima analisi, è il rispetto per qualcosa di più grande di noi. Per chi crede, è il porsi in ginocchio davanti al mistero del Dio fatto uomo che sceglie di soffrire e di morire per amore di me, di te, di tutti. Per tutti, credenti e non credenti, è il porsi in ginocchio davanti al mistero dell’uomo, al mistero delle domande “più grandi di noi”, al mistero di quanto le relazioni umani e una società communitas possano realizzare e donare, creare e condividere, portare frutto e farne parte a tutti.

Chiara Bertoglio 

La rappresentazione prosegue ancora per tutto il mese di settembre. Clicca qui per il calendario dettagliato.

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