31 Maggio 2014
Fate discepoli tutti i popoli
Commento al Vangelo della Solennità dell’Ascensione del Signore a cura di Carmela Pietrarossa. Domenica 1 giugno 2014
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo (Mt 28, 19).
Oggi la Chiesa celebra la 48a giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, buona occasione per rinnovare e riattualizzare l’impegno missionario dei credenti attraverso l’utilizzo dei mass media.
Il messaggio diffuso da Papa Francesco per questa circostanza ha per tema: la “Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro”, con spunti di riflessione che, parafrasando l’imperativo evangelico dell’Andare, stimolano a donare se stessi agli altri, testimoniando “una Chiesa che sia casa di tutti”.
Nel Vangelo di questa domenica, infatti, il Signore prima di ascendere al cielo, chiede ai suoi, che ancora dubitavano, di mettersi in cammino facendo discepole tutte le genti, battezzandole e trasmettendo loro gli insegnamenti da lui appresi. Battezzare non è altro che essere immersi nell’amore trinitario per diventarne, poi, testimoni attraverso la cultura dell’incontro, come ci ricorda il Papa. Quest’ultima “richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma anche a ricevere dagli altri. I media possono aiutarci in questo, particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. In particolare internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio”.
Comunicare con i media, però, non significa alienarsi o crearsi un mondo virtuale di prossimità; “Dunque, che cosa ci aiuta nell’ambiente digitale a crescere in umanità e nella comprensione reciproca?”, continua il Papa, “dobbiamo recuperare un certo senso di lentezza e di calma. Questo richiede tempo e capacità di fare silenzio per ascoltare. Abbiamo anche bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso da noi: la persona esprime pienamente se stessa non quando è semplicemente tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta”. Accoglienza, dunque, non tolleranza dell’altro; ascolto, non imposizione delle nostre idee; calma, non agitazione senza posa.
Inoltre, “Non basta passare lungo le “strade” digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero. Non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di tenerezza”.
“Dialogare”, inoltre, “significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute”.
In questo dialogo non siamo soli, Gesù ascende, ma rimane dentro di noi per sempre, promettendoci la forza dello Spirito Santo per rendergli testimonianza (At 1,8 I lettura).
Con S. Paolo chiediamogli di illuminare gli occhi della nostra mente per comprendere a quale speranza ci ha chiamati (Ef 1,18), sposando, realmente, la cultura dell’incontro, che non può assolutamente limitarsi a concludere un messaggio o un dialogo con l’abuso di espressioni del tipo “tvb” o “tvtb”; l’amore richiede testimonianza e condivisione, senza le quali è retorica che non giova a niente e a nessuno.
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