11 Gennaio 2014
Don Bosco e Don Barra: l’arte della santità
Il 13 e il 14 gennaio 2014 l’urna di don Bosco, che ha peregrinato nell’arco di quattro anni nei cinque Continenti, giungerà a Pinerolo. Sono sicuro che la gente vivrà questo evento nella preghiera, manifestando tanta simpatia verso un santo che parla al cuore.
Lo stesso giorno dell’arrivo dell’urna, ricorre il centenario della nascita di don Giovanni Barra (13 gennaio – Riva di Pinerolo). Tutto mi sembra provvidenziale.
Desidero fare alcuni accostamenti tra i due, anzi, rilevare delle affinità e sensibilità spirituali insieme a dei percorsi educativi che rendono l’uno speculare all’altro.
La passione educativa
Al di là del nome, c’è certamente l’origine contadina che li accomuna, unita ad un’educazione cristiana assorbita dalle loro mamme come ci si nutre del latte del loro seno; c’è la crescita nell’ambiente parrocchiale e il curriculum seminaristico che nella prima metà del novecento non era tanto diverso dal secolo precedente.
Ma ciò che unisce strettamente questi due preti è la passione educativa. A questo proposito voglio ricordare che gli Orientamenti della Chiesa Italiana per questo decennio vertono sull’educare come impegno primario di ogni comunità. Dal documento “Educare alla vita buona del Vangelo” prendo questa definizione: «La passione educativa è una vocazione, che si manifesta come un’arte sapienziale acquisita nel tempo attraverso un’esperienza maturata alla scuola di altri maestri. Nessun testo e nessuna teoria, per quanto illuminanti, potranno sostituire l’apprendistato sul campo» (n.29 ).
Due parole mi preme evidenziare: vocazione e arte.
La vocazione viene da Dio e giunge a noi attraverso mediazioni. Per don Bosco la chiamata è nata nell’incontro con le povertà della Torino del suo tempo, soprattutto dei giovani che venivano a cercare in città lavoro e fortuna. Egli ha risposto offrendo loro il calore di una casa, l’istruzione professionale e l’oratorio come luogo di incontro per tutti. Per don Barra, invece, la chiamata viene dall’ubbidienza richiesta dai suoi superiori a lavorare all’ interno dell’oratorio, nella scuola e nell’Azione Cattolica. Il suo orizzonte è più mirato ed elitario: egli parte dall’oratorio e poi si orienta verso il mondo studentesco e universitario. Gran parte della sua vita la dedica all’accompagnamento delle religiose e dei giovani in cammino verso il sacerdozio.
L’arte in parte si impara, in parte è connaturale alla persona. Certamente in tutti e due c’era una propensione all’impegno educativo e a giocare la loro vita per la crescita umana e cristiana delle giovani generazioni.
I percorsi educativi
Voglio richiamare alcuni percorsi seguiti dai nostri due santi educatori nel loro ministero pastorale, cioè la promozione culturale, la direzione spirituale, la vita sacramentaria e il servizio al prossimo.
Don Barra è un animatore culturale, conosce gli orientamenti filosofici e le correnti di pensiero che attraversano l’Europa, in particolare la Francia. Legge e scrive libri. Vuole che i giovani si aprano alla cultura soprattutto a quella orientata dai pensatori cattolici; insiste perché i suoi confratelli leggano e si aggiornino; sprona i laici allo studio della teologia e alla lettura sapienziale e orante della Sacra Scrittura, li spinge ad assetarsi alle sorgenti della spiritualità, soprattutto facendo esperienza di preghiera all’interno di monasteri.
Anche don Bosco scrisse molto; è stato autore ed editore; la sua produzione ha carattere pedagogico e spirituale. Molte sue pubblicazioni hanno un linguaggio popolare e rivolte alla formazione cristiana e alla difesa della fede cattolica.
Don Barra coltiva la direzione spirituale dedicando a questo ministero molto tempo. Nella sua stanza e dal suo confessionale sono passati tanti giovani, anche nelle ore più inconsuete. Sapevano di trovarlo, pieno di pazienza, con l’animo del padre che comprende e orienta, che non si stupisce di fronte alla debolezza. Ciò che a lui premeva era indicare delle mete, dei propositi concreti da verificare settimana dopo settimana. Per don Barra tutta l’opera educativa doveva portare il ragazzo e il giovane all’incontro con Gesù nei sacramenti dell’Eucaristia e del Perdono. L’insistenza su questi due sacramenti lo rende tanto vicino a don Bosco che nel suo “sistema preventivo” scrive: «La frequente confessione, la frequente comunione, la messa quotidiana sono le colonne che devono reggere un edificio educativo, da cui si vuole tener lontana la minaccia e la sferza».
Dall’incontro con Gesù alla vita intesa come dono e servizio, il passo è breve. Don Barra ha spinto i giovani a vivere il Vangelo della carità nella vita professionale, nell’impegno sociale e nell’attività politica. Attraverso la “San Vincenzo” e la “Gioventù studentesca” ha fatto capire che dal comandamento dell’amore si verifica la sincerità della vita cristiana. Prima ancora don Bosco educò i giovani dell’oratorio ad essere sempre presenti in città quando si verificavano emergenze ed epidemie, anche a rischio della propria vita.
Sulla vita intesa come espressione di amore e l’educazione come cosa del cuore, c’è molta sintonia tra don Barra e don Bosco. «La sola felicità è amare!» diceva don Barra. «Chi vuole essere amato bisogna che faccia vedere che ama» ripeteva don Bosco.
Azione e contemplazione
Vedo ancora un punto molto bello di convergenza: la grazia dell’unità tra azione e contemplazione. Don Bosco, prete iperattivo, era anche contemplativo. Forse un difetto di numerose biografie è quello di non far emergere questo aspetto. Era questa l’energia segreta che la metteva in continuo movimento.
Anche don Barra ha coniugato strettamente azione e contemplazione. Diceva: «La contemplazione ci vuole oggi per due ragioni: come «reazione al titanismo dello sforzo umano» e perciò come antidoto all’idolo dell’efficacia, e per mettere nel mondo una “presenza cristiana” vera e perciò santa e così facendo si rende credibile l’affermazione del Concilio che chiama tutti, e non solo i religiosi e i preti alla santità».
Che cosa chiedo a don Bosco e a don Barra
Che cosa chiedo, dunque, a don Bosco e don Barra? Questo soltanto: che – come il profeta Elia – essi gettino il loro mantello su presbiteri, religiosi, religiose, papà e mamme perché alla loro scuola imparino che si educa attraverso la coerenza della vita, l’autorevolezza dell’ agire, la gioia di essere collaboratori di Dio nell’aiutare le giovani generazioni ad «essere onesti cittadini e buoni cristiani».
+ Pier Giorgio Debernardi
LASCIA UN COMMENTO
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *