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Chiesa  

Dio non è dei morti, ma dei viventi

Dio non è dei morti, ma dei viventi

Riflessioni sul vangelo della XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
a cura di Luca Rubin

 

Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,27-38)

 

Sono giorni strani questi: terremoti, distruzione, intere popolazioni hanno perso tutto. Giorni anche di confusione esistenziale, perchè oltre a perdere tutto a livello materiale, si perdono tutti gli equilibri, le vere o presunte sicurezze, i propri ruoli sociali, lavorativi. In queste situazioni estreme spesso sorge la domanda: “Dio dov’è?”, anche Lui ha perso il suo ruolo di Padre, di Creatore, di Salvatore, anche Lui a cercare un perchè degli eventi? Dio non è un saccentone spocchioso che sa tutto, neppure ha la bacchetta magica risolutrice, e lo ha dimostrato bene quando in croce ha versato tutto il suo sangue, Dio è talmente Dio da rimanere senza risposte, senza facili spiegazioni. Sa abbracciare, consolare, sa essere vicino e donare tutto se stesso, tutto il suo Amore per ogni figlio e figlia. Proprio in questi giorni così particolari, e nella domenica successiva alla commemorazione dei Defunti, arriva preciso e puntuale il brano del vangelo di oggi.

“Dio non è dei morti, ma dei viventi.” Una domanda tendenziosa, mal posta e sgarbata dà l’occasione a Gesù di offrire una risposta meravigliosa e piena di luce anche per noi.  La domanda posta dai sadducei è una domanda di morte, e Gesù non ci sta, si oppone a questa visione di Dio “castigamatti”: Dio non si occupa di cimiteri e di corpi senza vita. A Lui interessa la Vita in ogni sua forma, interessa che i suoi figli siano felici, e fa di tutto perchè possano esserlo. La vita è da vivere in pienezza, seppur in mezzo alle macerie di un mondo che sussulta, e con lui tutti noi.

Allora il ruolo di Dio in questi sconvolgimenti esistenziali è proprio quello di continuare ad esserci Padre, un padre che comprende i suoi figli, che li sprona a non arrendersi, un Padre che indica il Figlio confitto in croce come segno di un’umanità che sa riscattare la propria vita dalle fauci della morte, un’umanità che stritolata da mille problemi arriva a risurrezione, ergendo come vessillo il dono più grande: la propria dignità di persona.

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