11 Aprile 2012
Dall’indifferenza alla compassione
Una riflessione di Aldo Rosa Dall’indifferenza alla compassione
L’umanità è sempre più dolente perché sempre più sola: il male di vivere non può che crescere. L’aumentato ricorso a psicologi, psicanalisti e psicofarmaci è inversamente proporzionale alla carenza di amici, di vita sociale. Siamo così soli e fragili che, in menti disturbate, l’abbandono di una fidanzata, di un coniuge può scatenare tragedie immani. Ho vissuto, da bambino, in una comunità agricola dove non c’era fase della vita umana (nascita, matrimonio, malattia, morte) che non fosse condivisa da tutta la comunità. Eravamo poveri ma ci aiutavamo l’un l’altro. Qualcuno ha scritto: «Solo ciò che è povero è umano e solo ciò che è umano è cristiano». Già, il cristianesimo. Ecco un’altra causa della povertà affettiva attuale. La progressiva scristianizzazione ha causato un’importante perdita di valori: la sacralità del corpo, la condivisione, la speranza che, sola, dà un senso alla vita. Chi considera sacro il corpo non violenta le donne, non abusa i bambini, non maltratta il suo organismo con l’assunzione di fumo, alcool, droghe. Chi sa condividere non vive solo per se stesso ma si apre agli altri, soprattutto ai più svantaggiati: poveri, malati, stranieri. E chi nutre la speranza non cade, pur subendo le dure prove della vita, in una disperazione senza scampo. Sono sempre colpito quando vedo persone anche giovani, abbandonarsi ad un nichilismo distruttivo, ad una visione priva di senso della vita che viene ad assomigliare ad un rondò dei dannati. Purtroppo uno sviluppo senza un vero progresso sociale, dagli anni ’60 in poi, ha trasformato una società corale nell’attuale società solipsistica. È fondamentale recuperare l’etica cristiana basata sul perdono, la misericordia, il rispetto per la vita. Solo così una società può dirsi adulta. Diventare veramente adulti vuol dire passare dal narcisismo all’altruismo, dalla disperazione alla speranza, dall’indifferenza alla compassione.
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