13 Marzo 2015
Monsignor Debernardi dopo le dimissioni resterà a Pinerolo ancora per un anno
13 marzo 2015
È un atto che tutti i vescovi compiono al raggiungimento del 75° anno di età, come prescrive il Codice di Diritto Canonico. Così anche monsignor Pier Giorgio Debernardi, che il 31 marzo taglierà questo traguardo, il 5 marzo scorso ha presentato le sue dimissioni.
Lo ha comunicato oggi ai sacerdoti e ai diaconi della diocesi con una lettera. Il 31 marzo non sarà però il suo ultimo giorno da vescovo di Pinerolo. «Dalla Nunziatura Apostolica in Italia – ha scritto monsignor Debernardi – mi è stato chiesto di rimanere ancora un anno, in attesa di poter individuare un nuovo vescovo per la nostra Diocesi (la rinuncia produrrà effetto soltanto quando sarà, a suo tempo,accettata dal Papa)».
Avere con noi monsignor Debernardi ancora per un anno è per noi motivo di gioia. È stato lui, infatti, a volere e fondare Vita Diocesana Pinerolese ed è lui a presiedere l’editrice Vita srl che edita il nostro giornale.
In questi anni ha sempre sostenuto il nostro lavoro concedendoci fiducia e amicizia. Per questo cogliamo l’occasione per dire, fin da ora: grazie, monsignor Pier Giorgio!
La Redazione
Quando si dice di sì al Signore
Carissimi,
desidero comunicarvi che giovedì 5 marzo ho presentato al Santo Padre, come prescrive il Codice di Diritto Canonico, le mie dimissioni da vescovo della nostra Diocesi . È un atto che tutti i vescovi compiono al raggiungimento del 75° anno di età. Scrivere la lettera di rinuncia non è un gesto facile, perché in quelle righe c’è una parte significativa della propria vita.
Il vescovo non è funzionario di Stato, ma padre e pastore di una Chiesa. Come ripete Papa Francesco ai vescovi: « Voi siete stati legati da un anello di fedeltà alla Chiesa che vi è stata affidata o che siete chiamati a servire. L’amore per la Sposa di Cristo gradualmente vi consente di imprimere traccia di voi nel suo volto e al tempo stesso di portare in voi i tratti della sua fisionomia. Perciò serve l’intimità, l’assiduità, la costanza, la pazienza.»
Per questo la rinuncia non significa separazione , ma modo nuovo di essere legati alla propria Chiesa attraverso la preghiera e l’affetto che si manifesta nello spazio interiore del cuore nei confronti di tutti e di ciascuno.
Nel momento in cui scrivevo sono ritornato col pensiero al 26 giugno 1998, quando il mio vescovo, in tarda serata, mi fece salire nel suo studio e mi comunicò che il Santo Padre mi chiedeva se ero disponibile ad assumere il ministero episcopale nella Diocesi di Pinerolo. Non ero preparato a questa richiesta. «Rispondi di sì – mi disse- ; non pensarci troppo; se ti viene chiesto questo servizio fallo volentieri». Così ho fatto.
E sono contento, perché sono stati anni bellissimi , anche se segnati- come ogni esperienza umana- da situazioni difficili. Quando si dice di sì al Signore- pur con tanti limiti e debolezze- si ha il cuore in pace.
Dalla Nunziatura Apostolica in Italia mi è stato chiesto di rimanere ancora un anno, in attesa di poter individuare un nuovo vescovo per la nostra Diocesi (la rinuncia produrrà effetto soltanto quando sarà, a suo tempo,accettata dal Papa).
Vi invito, in tanto, a pregare perché il Signore ci doni un pastore secondo il suo cuore. È la preghiera che infonde luce per operare un discernimento attento alle necessità delle nostre comunità.
Molti, poi, mi chiedono quale sarà il futuro della nostra diocesi. Dalle notizie in mio possesso posso dire che continuerà ad essere così com’è oggi.
Ha un numero sufficiente di abitanti e ha una particolare vocazione pastorale da realizzare. In Italia è in atto uno studio per rivedere i confini e predisporre accorpamenti. Ma le diocesi italiane hanno una storia plurisecolare che difficilmente si può cancellare. La nostra, in particolare, ha una sua vocazione specifica che la rende caratteristica rispetto a tutte le altre.
Nel presentare la lettera di rinuncia ho avuto modo di parlare ampiamente con il Nunzio della situazione della nostra Diocesi (lo avevo già fatto con il Santo Padre, il 6 dicembre scorso).
È una bella Chiesa – ho detto – ricca di tante energie; con una storia segnata da un faticoso ma gioioso cammino di conversione ecumenica, anzi è come un cantiere dove, nei decenni passati, sono stati elaborati progetti che hanno fatto scuola in altre parti d’Italia. Di tutto questo dobbiamo ringraziare il Signore e sentirci tutti – laici, presbiteri, diaconi, religiose e religiosi – chiamati a continuare a comunicare la gioia del Vangelo.
Vi auguro di proseguire il cammino quaresimale con generosità. Questi quaranta giorni ci aiutano a sperimentare la pazienza e la fedeltà di Dio nei nostri confronti, come pure a prepararci a vivere, con un cuore reso più umano dalla conversione, la gioia della Pasqua di Risurrezione.
+ Pier Giorgio Debernardi
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