Qualche anno fa, all’alba di una domenica mattina, accompagnai mia madre alla messa in ricordo di uno zio presso una casa di riposo della pianura pinerolese, dove la moglie era ospite. A celebrare la funzione, nella piccola cappella, c’era l’allora rettore del noviziato di Monte Oliveto. L’episodio mi colpì particolarmente perché non mi sarei aspettata la sua presenza in un contesto così di periferia.
La comunità salesiana a Monte Oliveto, con il suo noviziato, è sempre stata in questi anni una presenza di valore per il territorio, ma comunque silenziosa e, come nel loro spirito, rivolta sempre al dono e al servizio comunitario, non solo per la vicina parrocchia dello Spirito Santo, ma per tutta la collettività. L’episodio personale sopra descritto, l’ho imparato poi con il tempo, ben delinea questo atteggiamento di raccolta carità apostolica.
In questi giorni i salesiani di Don Bosco stanno definitivamente lasciando la città di Pinerolo.
Anche la loro partenza sta avvenendo in maniera discreta e silenziosa. La comunità è rimasta muta e distante, non consapevole della risorsa umana e spirituale che sta perdendo, dirigendo maggiormente la propria curiosità su non ben fondate notizie riguardanti la futura proprietà dell’immobile in vendita: anche in questo caso il nostro tempo comune si lega sempre a pensieri puramente materiali.
Fu, come si racconta nelle “Memorie Biografiche vol. XVIII”, San Giovanni Bosco a voler legare la comunità salesiana a Pinerolo: per motivi di salute il sacerdote risiedeva spesso nella cittadina, che considerava una località dal clima mite e salubre. Si descrive, durante uno di questi soggiorni, nel 1886: «Un mattino sull’alto colle denominato del Martire della legione Tebea (l’attuale colle di San Maurizio) si fermò a contemplare il bellissimo panorama e vedendo di fronte sopra un poggio isolato un caseggiato cospicuo disse: – Oh, come è bello e incantevole quel monticello con quel magnifico fabbricato. Come sarebbe adatto per un collegio salesiano! Era Monte Oliveto, dove sorgeva un edifizio appartenuto già ai Gesuiti e più tardi ai Certosini».
Monte Oliveto è stato da allora fonte di ricchezza spirituale e storica, avvolto dagli avvenimenti che si sono succeduti (e di cui avremmo modo di parlare in articoli successivi) e legato alla presenza dei numerosi ragazzi, provenienti dall’Italia e dall’Europa, che qui hanno trascorso il loro primo periodo di discernimento religioso, portando poi, nel loro bagaglio di vita, il ricordo di Pinerolo.
Dei ragazzi del noviziato conosciuti e che si sono alternati in questi ultimi anni, il pensiero più bello che rimarrà sarà legato, oltre al prezioso aiuto per la comunità parrocchiale e diocesana, ai loro giovani sorrisi, al loro volto sereno e gioioso, comunque consapevoli di intraprendere un non facile cammino, aiutati dalle loro guide spirituali, in un anno fondamentale per la loro vita.
Questa è l’eredità che si deve raccogliere, di cui si deve mantenere il ricordo, lasciata non solo dai novizi, ma da tutta la comunità salesiana, sostenitori della fede e dello spirito che rende nel mondo più grande la Chiesa.
San Giovanni Bosco vide all’interno della città qualcosa di importante. Ora, dopo più di centotrent’anni si è chiamati di nuovo a vedere il «bello e incantevole monticello con quel magnifico fabbricato» per far sì che possa continuare ad essere luogo che conservi la memoria, l’anima ed il rispetto di cui è stato silenzioso testimone.

CLAUDIA PRIOLO