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Chiesa  

Convegno Regionale Caritas: il welfare siamo tutti

Convegno Regionale Caritas: il welfare siamo tutti

Sabato 19 maggio al Colle don Bosco Le Caritas devono essere come “sentinelle”, capaci di accorgersi e di far accorgere, di anticipare e prevenire, di sostenere e proporre. Lo aveva detto Benedetto XVI nel novembre scorso in occasione dei quarant’anni di Caritas ed è stato più volte ripetuto sabato 19 maggio nel corso del Confronto Regionale Caritas Parrocchiali al Colle don Bosco. Un appuntamento da dieci anni abituale per le diciassette Caritas Diocesane e per le oltre trecento Caritas Parrocchiali della nostra regione. L’occasione di riflessione non poteva che essere la profonda crisi in cui la più nota crisi economica ha portato le strategie di welfare state, la protezione sociale per le fasce meno forti del nostro paese. Una crisi fatta di contrazione di risorse, di incertezze sul futuro immediato, di pesante e pressante ricorso alle risorse del privato e dei privati. L’atmosfera tra gli operatori di carità era palpabilmente preoccupata e ci voleva una iniezione di futuro. Che è venuta dalle varie relazioni e dal dibattito tra i partecipanti, anche se non pochi hanno dovuto ammettere che «sono cose difficili da tradurre in pratica». La ricetta è stata desunta da una rilettura innovativa della decisone maturata nella prima Chiesa di Gerusalemme con l’istituzione dei sette “diaconi” il cui servizio doveva andare alle mense e alle vedove. Quella comunità, di fronte all’emergere di questioni di natura sociale, ha saputo assumersi la responsabilità di farsi prossima, tentando una vera e propria sperimentazione innovativa nel piccolo. Ecco, dunque, la ricetta: il lavoro di Caritas deve essere quello di anticipatore che sperimenta nel piccolo logiche di fraternità per poi consegnarle agli altri mondi vitali, ai vari soggetti e alle istituzioni perché, in qualche modo assunti, possano essere estesi in senso universalistico. Insomma, divengano modelli esportabili. Sentinelle che si assumono responsabilità, ma nella fedeltà ad una duplice funzione loro propria, così come ha sottolineato don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana. Anzitutto la funzione conoscitiva, di esplorazione del sociale, che fa delle Caritas gli occhi delle comunità e delle Istituzioni, ma anche i catalizzatori di attenzioni ed impegni che da esse possono venire messi in connessione, costruendo piccole reti e grandi interazioni. Cosa che si traduce anche nel saper porre con coraggio e precisione le questioni all’opinione pubblica e ai responsabili della cosa pubblica, arrivando a richiamare le scelte di priorità necessarie alla crescita della dignità delle persone. Discorso forte che anche Monsignor Ravinale, Vescovo di Asti e referente dei vescovi piemontesi per la carità, ha voluto affrontare nell’omelia durante la Messa di apertura nella Basilica superiore del complesso Castelnovese. E poi la funzione relazionale, data dal continuativo stare in mezzo alla gente, a contatto diretto con poveri e territori. Piccole ed agili barchette – se paragonate alla corazzata delle istituzioni – che possono navigare anche laddove il pescaggio è poco profondo ma i problemi sono ugualmente forti. E che un ruolo importante in questo contesto di crisi del welfare lo debba giocare anche la Chiesa è stato ampiamente ricordato nella tavola rotonda pomeridiana da Raffaella Vitale, dirigente dell’assessorato all’assistenza della Regione Piemonte. «Voi siete il welfare» è stato il suo punto di partenza, per altro già riconosciuto in mattinata dal sindaco di Castelnuovo don Bosco in sede di saluti. Il dibattito ha portato a riformulare l’assunto in: il welfare siamo tutti, dettagliando in vari passaggi la necessità di suscitare responsabilità diffuse, condivise, sinergiche e ben intrecciate che possano superare i settorialismi verso un’ottica di rinnovamento dei modelli e delle prassi di azione. Lo ha ripetuto più volte Paolo Pezzana, presidente di un organismo nazionale che si interessa delle persone in povertà assoluta, che si è spinto fino ad invocare una vera condivisione della funzione pubblica tra Stato e varie forme di Terzo Settore, tra cui il volontariato ecclesiale. Indicazione ad andare verso forme di reale integrazione non solo di servizi ma anche di “visioni” e di strategie. Tra soggetti differenti, certo, ma anche tra i soggetti ecclesiali. Lo ha ribadito Pierluigi Dovis, in questo contesto come Delegato Regionale Caritas, che ha incitato le Caritas a concentrarsi su tre grandi azioni: allargare lo sguardo uscendo dalla tentazione di autoreferenzialità o di eccessiva enfasi locale, avere il coraggio di potare quelle strategie o quelle azioni che si avvitano su se stesse non portando a crescita, riqualificare e riorganizzare il servizio nell’ottica dell’efficacia e della comunione intra ed extra ecclesiale. Tutti semi di un nuovo welfare nel segno della comunità, come recitava il titolo dell’incontro e come si è evidenziato dalle video interviste ad alcuni tra i direttori delle Caritas Piemontesi, davvero insistenti su temi quali il mondo giovanile, la qualità del servire, lo stile animativo dentro le parrocchie e nei contesti territoriali. Dal Colle viene alle Caritas un modo di declinare la sussidiarietà molto interessante che quasi impone agli operatori dei servizi di prossimità che, proprio per quello che vivono, siano continuamente provocati a realizzare un pensiero. Pensiero generativo.

Pierluigi Dovis
Direttore Caritas Torino
Delegato Regionale Caritas Piemonte – Valle d’Aosta Pierluigi Dovis, Delegato Regionale Caritas Piemonte e Valle d'Aosta

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