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Chiesa  

Confessarsi. Perché?

Confessarsi. Perché?

I sacramenti della Chiesa – la Riconciliazione (terza parte) Dopo l’ultimo articolo sul sacramento della Confessione, fra le domande che mi sono state rivolte, ne scelgo alcune che spesso si ripresentano in modi diversi. Perché si deve andare da un sacerdote a dire i propri peccati e non si può fare direttamente con Dio che ci conosce e comprende meglio di qualunque altro? Esiste veramente il peccato o è solo un’invenzione dei preti per tenerci buoni? Il peccato c’è, e non solo è male, ma fa male. Basta osservare la scena quotidiana del mondo, dove violenze, guerre, ingiustizie, sopraffazioni, egoismi, gelosie e vendette accadono; un esempio di questo “bollettino di guerra” ce lo dà, ogni giorno, la radio, le notizie dei giornali, la televisione e internet. Chi crede, nell’amore di Dio, avverte come il peccato è amore ripiegato su di sé, ingratitudine di chi risponde all’amore con l’indifferenza e il rifiuto. Le conseguenze di questo rifiuto non sono solo su chi lo vive, ma sull’intera società, fino a causare condizionamenti e intrecci di egoismi e di violenze che costituiscono delle vere e proprie “strutture di peccato”. Si pensi alle ingiustizie sociali, alla sperequazione fra paesi ricchi e poveri, allo scandalo della fame nel mondo… Proprio per questo non si deve essere titubanti nel sottolineare quanto sia grande la disgrazia del peccato e quanto lo sia la perdita del senso del peccato (ben diverso da quella malattia dell’anima che chiamiamo “senso di colpa”) che indeboliscono il cuore davanti allo spettacolo del male.
Perché confessare i propri peccati ad un sacerdote? Non si possono dire solo a Dio, senza intermediari?
Indubbiamente è a Dio che ci si rivolge quando si confessano i propri peccati. Che si debbano dire anche a un sacerdote ce lo fa comprendere Dio stesso. Egli, scegliendo di inviare suo Figlio nella nostra carne, dimostra di volerci incontrare mediante un contatto diretto, che passa attraverso i segni e i linguaggi della nostra condizione umana. Come Lui è uscito da sé per amore nostro ed è venuto a “toccarci” con la sua carne, così noi siamo chiamati ad uscire da noi stessi per amore Suo e andare con umiltà e fede da chi può darci il perdono nel Suo nome, con la parola e con il gesto. Solo l’assoluzione dei peccati che il sacerdote dà nel sacramento può comunicare la certezza interiore di essere stato veramente perdonato e accolto dal Padre, perché Cristo ha affidato al ministero della Chiesa il potere di legare e sciogliere, di escludere e di ammettere nella comunità dell’alleanza (cf. Mt 18,17). È Lui che, risorto da morte, ha detto agli apostoli: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20,22s). Perciò, confessarsi da un sacerdote è tutt’altro che farlo nel segreto del cuore, le cui insicurezze e ambiguità colmano la vita e la storia. Da solo non saprai mai se davvero a “toccarti” è stata la grazia di Dio o la tua emozione, se a perdonarti sei stato tu o è stato Lui. Assolto da chi il Signore ha voluto e inviato come ministro del perdono, potrai gustare la libertà che solo Dio regala e capirai perché confessarsi è fonte di pace. Facciamo nostro l’invito dell’apostolo Paolo: «Lasciamoci riconciliare con Dio!»
Rimarremo stupiti delle parole di Friedrich Nietzsche, che negli anni della giovinezza scrisse: «Ancora una volta, prima di partire e volgere i miei sguardi verso l’alto, rimasto solo, levo le mie mani a Te, presso cui mi rifugio, cui dal profondo del cuore ho consacrato altari, affinché ogni ora la voce Tua mi torni a chiamare… ConoscerTi io voglio, Te, l’Ignoto, che a fondo mi penetri nell’anima e come tempesta squassi la mia vita, inafferrabile eppure a me affine! ConoscerTi, io voglio, e anche servirTi» (“Scritti giovanili”). Sono certamente parole appassionate, segno del bisogno della misericordia divina che ognuno di noi porta interiormente.

J. Omar Larios Valencia Il luogo adibito alle confessioni durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid

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