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Chiesa  

Codice di diritto canonico. Che cosa cambia sulle dichiarazioni di nullità matrimoniale?

Codice di diritto canonico. Che cosa cambia sulle dichiarazioni di nullità matrimoniale?

17 ottobre 2015 

Con il “motu proprio” “Mitis Iudex Dominus Iesus”, l’8 settembre scorso Papa Francesco ha modificato il VII libro del Codice di Diritto Canonico. La modifica, nello specifico, riguarda i canoni 1671-1691, quelli cioè, sulle cause per la dichiarazione di nullità del matrimonio (cann. 1671-1691)

Don Omar Larios Valencia, vicario giudiziale del tribunale ecclesiastico diocesano, ha redatto un testo di commento ai singoli canoni. Si tratta di un vademecum rivolto non solo agli addetti ai lavori ma anche a tutti coloro che vogliono capire meglio in che cosa consiste questa riforma.

 

Cosa cambia sulle dichiarazioni di nullità matrimoniale?

 

Entriamo in materia della riforma, per analizzare ogni canone, evidenziare gli aspetti più rilevanti e l’incidenza nel processo, a confronto con il codice attuale.

 

  1. il foro competente

In rapporto al foro competente nel giudicare le cause di dichiarazione di nullità matrimoniale c’è un importante cambiamento.

Nel Codice attualmente in vigore  al can. 1673 si legge che sono competenti:

1° il tribunale del luogo in cui il matrimonio fu celebrato;

2° il tribunale del luogo in cui la parte convenuta ha il domicilio o il quasi-domicilio;
3° il tribunale del luogo in cui la parte attrice ha il domicilio, purché entrambe le parti risiedano nel territorio della stessa Conferenza Episcopale, e il Vicario giudiziale del luogo di domicilio della parte convenuta, udita la medesima, sia d’accordo;

4° il tribunale del luogo in cui di fatto si debba raccogliere la maggior parte delle prove, purché si aggiunga il consenso del Vicario giudiziale del luogo della parte convenuta, il quale prima la interroghi, se mai abbia qualcosa da eccepire.

 

Con la riforma attuale sarà il can. 1672 che dice:

1° il tribunale del luogo in cui il matrimonio fu celebrato;

2° il tribunale del luogo in cui una o entrambe le parti hanno il domicilio o il quasi-domicilio;

3° il tribunale del luogo in cui di fatto si debba raccogliere la maggior parte delle prove.

 

Commento: com’è possibile osservare c’era una situazione privilegiata della quale godeva la parte convenuta. In alcuni casi detta parte ostacolava, rendeva difficili o addirittura impediva alla parte attrice la realizzazione dei processi.

Con la riforma, si può parlare di una totale uguaglianza del diritto delle parti nell’accedere al foro competente che possa prendere in considerazione la domanda.

E nelle regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale Art. 7 § 1, si legge: I titoli di competenza di cui al can. 1672 sono equivalenti, salvaguardato  per quanto possibile il principio di prossimità fra il giudice e le parti.

 

  1. La composizione del Tribunale

In riferimento  alla composizione del Tribunale che dovrà giudicare le cause:

il can. 1421 dell’attuale codice dice:

  • 1. Nella diocesi il Vescovo costituisca giudici diocesani che siano chierici.
  • 2. La Conferenza Episcopale può permettere che anche dei fedeli laici siano costituiti giudici; di essi, se la necessità lo suggerisce, uno può essere assunto a formare un collegio.

 

Inoltre, si determinava la possibilità dei tribunali interdiocesani (can. 1423), richiedendo che le cause di dichiarazione di nullità matrimoniale siano riservate al tribunale collegiale di tre giudici (can. 1425 §1, 1°) e la possibilità eccezionale del giudice unico (can. 1425 § 4).

 

Con la riforma s’introduce il can. 1673, che detta:

  • 1. In ciascuna diocesi il giudice di prima istanza per le cause di nullità del matrimonio, per le quali il diritto non faccia espressamente eccezione, è il Vescovo diocesano, che può esercitare la potestà giudiziale personalmente o per mezzo di altri, a norma del diritto.
  • 2. Il Vescovo costituisca per la sua diocesi il tribunale diocesano per le cause di nullità del matrimonio, salva la facoltà per lo stesso Vescovo di accedere a un altro viciniore tribunale diocesano o interdiocesano.
  • 3. Le cause di nullità del matrimonio sono riservate a un collegio di tre giudici. Esso deve essere presieduto da un giudice chierico, i rimanenti giudici possono anche essere laici.

Commento: La novità rilevante è la possibilità dei giudici laici ad accedere nei tribunali collegiali ampliandone il numero ciò che prima si limitava a uno solo, non precisando la necessità di approvazione da parte della Conferenza episcopale.

 

III Le parti

Sulle dichiarazioni delle parti, s’introduce un’importante novità riguardo ai testi.

L’attuale can. 1536 § 2, dice:

“Nelle cause poi che riguardano il bene pubblico la confessione giudiziale e le dichiarazioni delle parti che non siano confessioni, possono aver forza probante, da valutarsi dal giudice insieme a tutte le altre circostanze della causa, ma non si può attribuire loro forza di prova piena se non si aggiungano altri elementi ad avvalorarle in modo definitivo”.

 

Nella riforma, can 1678 § 1, si legge:

“Nelle cause di nullità del matrimonio, la confessione giudiziale e le dichiarazioni delle parti, sostenute da eventuali testi sulla credibilità delle stesse, possono avere valore di prova piena, da valutarsi dal giudice considerati tutti gli indizi e gli amminicoli, se non vi siano altri elementi che le confutino”.

 

Commento: Si tratta dunque di situazioni in cui le parti, soggettivamente sono libere e coscientemente convinte della nullità del loro matrimonio. Meritano totale credibilità! Credibilità verificata e accertata dai testi (le testimonianze), ma non esistono altre prove, se non solo indizi, e questi conformi alle dichiarazioni delle parti.

In non poche occasioni i giudici, anche se convinti della nullità matrimoniale, si sono pronunciati contrari alla nullità per mancanze di prove.

 

In riferimento ai testi è stato detto: “testis unus testis nullus”, locuzione latina così tradotta: “un solo testimone, non ha alcun valore” e al can. 1573 del codice attuale si legge:

“La deposizione di un solo testimone non può fare fede piena, a meno che non si tratti di un testimone qualificato che deponga su cose fatte d’ufficio, o le circostanze di cose e di persone suggeriscano altro”.

 

Il riformato can. 1678 § 2, si legge:

“Nelle medesime cause, la deposizione di un solo teste può fare pienamente fede, se si tratta di un teste qualificato che deponga su cose fatte d’ufficio, o le circostanze di fatti e di persone lo suggeriscono”.

 

Commento: i problemi consensuali, nel rapporto matrimoniale e di convivenza, beneficiano di intimità  di confidenza. Molte persone non sono disponibili a condividere la loro situazione. In certe circostanze la conoscenza di tale esperienza rimane ridotta ad una persona: familiare diretto, o amico più vicino; se esse vengono a mancare (muoiono) è fisicamente impossibile dichiarare, pertanto rimane nascosta la verità giudiziale e la realizzazione della giustizia è impedita.

 

IV Soppressione dell’obbligatorietà della doppia sentenza conforme

Nel codice al can. 1682 § 1, si legge:

“La sentenza che da principio dichiarò la nullità del matrimonio insieme agli appelli, se ce ne furono, e agli altri atti del giudizio, siano trasmessi d’ufficio al tribunale di appello entro venti giorni dalla pubblicazione della sentenza”.

 

Si tratta di una norma emanata con la finalità di garantire e rassicurare la verità e la giustizia del vincolo matrimoniale. La necessità della doppia sentenza conforme era nata da un certo sospetto davanti ai tribunali di prima istanza. I Tribunali ecclesiastici in Europa, in particolare in Italia e in alcune diocesi del continente americano, in genere godono di credibilità e qualità. È difficile avere la stessa sicurezza con riferimento ad altri tribunali, privi di personale qualificato. Comunque è sempre necessario che la Segnatura Apostolica disponga ed esegua organi di controllo per il buon funzionamento degli organi di giustizia.

 

La riforma inserita con il can. 1679 afferma:

“La sentenza che per la prima volta ha dichiarato la nullità del matrimonio, decorsi i termini stabiliti nei cann. 1630-1633, diventa esecutiva”.

 

Commento: se la sentenza non va in appello e non si stabilisce ricorso di nullità di sentenza, acquisisce la fermezza esecutiva dalla quale il matrimonio è dichiarato definitivamente nullo, i coniugi saranno liberi per accedere ad un nuovo matrimonio se è considerato così e non vi sono impedimenti o divieti.

Occorre tenere in considerazione l’obbligo dei “divieti” o proibizioni d’acceso a nuove nozze. Prima ricadeva nel tribunale di 2° istanza, invece con la riforma sarà il tribunale di 1° istanza.

Pertanto vi è una diminuzione di tempi e di costi.

 

  1. Completamente innovativo il processo matrimoniale più breve davanti al Vescovo

È venuto alla luce  benché non sia ancora entrato in vigore, ha già suscitato critiche, talune non focalizzate speculando che si tratti di “ordinario” per tutte le cause e, di conseguenza, della perdita di garanzie processuali in favore di un diritto puramente amministrativo. Tale difficoltà è dovuta alla scarsa conoscenza del mondo del diritto, ed anche di alcuni vescovi.

 

Ravvisiamo la normativa nei nuovi cann. 1683-1687:

Can. 1683. Allo stesso Vescovo diocesano compete giudicare la cause di nullità del matrimonio con il processo più breve ogniqualvolta:

1° la domanda sia proposta da entrambi i coniugi o da uno di essi, col consenso dell’altro;

2° ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione più accurata, e rendano manifesta la nullità.

Commento:  Come si può constatare, non è per tutte le cause di dichiarazione di nullità, ma solo per quelle che risultano  evidenti, chiare, lampanti e certe.

 

Can. 1684. Il libello con cui si introduce il processo più breve, oltre agli elementi elencati nel can. 1504, deve:

1° esporre brevemente, integralmente e chiaramente i fatti su cui si fonda la domanda;

2° indicare le prove, che possano essere immediatamente raccolte dal giudice;

3° esibire in allegato i documenti su cui si fonda la domanda.

Can. 1685. Il Vicario giudiziale, nello stesso decreto con cui determina la formula del dubbio nomini l’istruttore e l’assessore e citi per la sessione, da celebrarsi a norma del can. 1686 non oltre trenta giorni, tutti coloro che devono parteciparvi.

Commento: nel canone emerge una prima azione non del vescovo ma del vicario giudiziale il quale dev’essere idoneo per comprendere la possibilità o no, del processo più breve; inoltre egli può autonominarsi istruttore dello stesso conforme  all’art. 16 delle regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale:  “Il Vicario giudiziale può designare se stesso come istruttore; però  per quanto sia possibile nomini un istruttore dalla diocesi di origine della causa”.

 

Can. 1686. L’istruttore, per quanto possibile, raccolga le prove in una sola sessione e fissi il termine di quindici giorni per la presentazione delle osservazioni in favore del vincolo e delle difese di parte, se ve ne siano.

Can. 1687 § 1. Ricevuti gli atti, il Vescovo diocesano, consultatosi con l’istruttore e l’assessore, vagliate le osservazioni del difensore del vincolo e, se vi siano, le difese delle parti, se raggiunge la certezza morale sulla nullità del matrimonio, emani la sentenza. Altrimenti rimetta la causa al processo ordinario.

  • 2. Il testo integrale della sentenza, con la motivazione, sia notificato al più presto alle parti.

Commento: dalla lettura del canone si nota che il vescovo non agisce da solo, ma dispone dell’aiuto dell’istruttore, dell’assessore e del difensore  del vincolo.

In alcuni casi, per il vescovo si può preparare una bozza, su di essa potrà studiare il caso in questione e  predisporre le motivazioni basilari sulle quali analizzerà e dichiarerà la sua sentenza.

Il motu proprio entrerà in vigore l’8 dicembre 2015.

 J. Omar Larios Valencia

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