30 Ottobre 2017
Cinquecentenario della Riforma. Parla il pastore valdese di Pinerolo Gianni Genre

Il pastore valdese di Pinerolo Gianni Genre nei mesi scorsi ha collaborato strettamente con monsignor Pier Giorgio Debernardi per gli eventi ecumenici promossi in occasione dei 500 anni della Riforma Protestante.
A lui abbiamo rivolto alcune domande per tracciare un bilancio di questo anno importante non solo per i protestanti ma per tutte le chiese cristiane.
Il 31 ottobre si chiude l’anno commemorativo del cinquecentenario dell’inizio della Riforma. Quali i momenti più significativi nel mondo, in Italia e a Pinerolo?
Nel mondo credo che l’appuntamento più significativo, dal punto di vista ecumenico, sia stata la partecipazione di Papa Francesco alla commemorazione dei 500 anni dall’inizio della Riforma protestante che ha avuto luogo a Lund, in Svezia, lo scorso 31 ottobre 2016. A Lund nacque anche la Federazione Luterana mondiale ed è ancora considerata un poco la “capitale” della Scandinavia luterana (come sappiamo nei Paesi scandinavi la Riforma luterana si diffuse assai presto, nel ‘500, divenendo largamente maggioritaria).
Poi, sia in Italia, sia in moltissimi altri Paesi, gli appuntamenti si sono moltiplicati in modo incredibile. Anche lo scorso “Kirchentag”, la grande festa degli evangelici tedeschi, ha avuto un carattere fortemente ecumenico.
A Pinerolo abbiamo iniziato una serie di iniziative concordate con la Diocesi il 31 ottobre scorso con una “fiaccolata ecumenica” che partendo dal piazzale della basilica di San Maurizio è giunta al Tempio valdese dove abbiamo avuto un momento di raccoglimento e di preghiera. Poi vi sono state le quattro “conferenze ecumeniche” con due teologi cattolici (il Cardinale Walter Kasper e Padre Giancarlo Pani presso il nostro Tempio) e dei professori Paolo Ricca e Sergio Rostagno presso la Chiesa del seminario. Il tutto si concluderà con una fiaccolata che dal Tempio raggiungerà la Cattedrale di San Donato martedì 31 ottobre prossimo dove avrà luogo un concerto delle Corali valdesi.
Quale contributo ha dato questo evento al cammino dell’ecumenismo? E quale, in particolare, al cammino ecumenico con la chiesa cattolica?
L’ecumenismo, io credo, è opera, anzitutto, dello Spirito Santo, ma perché questo cammino possa proseguire bisogna conoscersi meglio e, dunque, bisogna incontrarsi, confrontarsi, pregare insieme, collaborare. Questo senza nascondere le questioni che ancora ci distinguono ma che non impediscono momenti di comunione. Nel mondo di oggi le chiese cristiane, appartenenti alle tre grandi “famiglie” (quella cattolica romana, quella ortodossa e quella protestante) hanno immense responsabilità. Penso alle sfide dell’economia e dell’ecologia, della giustizia sociale, della vergogna di un mondo in cui ancora si muore di fame. Dobbiamo cercare di dare risposte comuni in questo mondo globalizzato. Questo fiorire di iniziative comuni ci deve portare a prendere posizione con maggiore coraggio rispetto a questi problemi, a denunciare insieme gli scandali della miseria del nostro tempo, a proporre indicazioni che siano realistiche per rendere questo nostro mondo un poco più innocente.
In Italia i valdesi sono la realtà più rappresentativa delle chiese della Riforma. La comunità valdese oggi sente una responsabilità specifica nel portare avanti le istanze riformatrici nell’arcipelago plurale delle comunità cristiane?
Le nostre piccole chiese sono consapevoli di avere una responsabilità particolare e, forse proprio per questo, sono a volte un poco affaticate. Sappiamo che su alcuni temi, soprattutto di etica o di bioetica, ci sono distanze importanti con le sorelle e i fratelli cattolici, ma il dialogo deve avvenire anche su questi argomenti. Abbiamo l’ambizione di essere sempre uomini e donne animate da profonde convinzioni, ma mai settari; la verità non ci appartiene, ma risiede solo in Cristo crocifisso e risorto: una verità più grande di tutte le nostre chiese e delle nostre teologie. È questo il principio che ci guida, il cosiddetto “principio protestante” che trascende tutte le forme culturali del cristianesimo e non consente a nulla e a nessuno di rivendicare un carattere assoluto e definitivo.
Che cosa resta oggi di Lutero? E che cosa, invece, si può considerare “superato”?
Sono da considerare superati tutti gli accenti polemici che hanno caratterizzato quel tempo lontano e che hanno impedito per secoli un ascolto reciproco fra le nostre chiese che fosse rispettoso, attento, costruttivo.
Per me, personalmente, Lutero rimane invece assolutamente attuale.
Perché mi ha insegnato che sono una persona “graziata”, “giusta” solo perché giustificato dalla grazia divina. Ed è bello avere questa consapevolezza, sapere che tutto è un dono gratuito per il quale sono indegno. Tutto è immeritato, tutto è dono, siamo dei mendicanti davanti a Dio che devono solo imparare a ricevere. Il resto verrà da sé…
Credere, dunque, non è un insieme di dogmi, è un movimento, è un’inquietudine personale.
La fede, in fin dei conti, è il coraggio di esistere ed è ciò che ci permette di combattere la paura che è il vero contrario della fede.
P.R.

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