22 Febbraio 2013
Chiesa e politica: il pensiero dei vescovi di Pinerolo

Scelte elettorali e orientamenti ecclesiali nella storia della nostra diocesi

Eccoci agli sgoccioli. Le votazioni sono ormai vicine e ciascuno è chiamato alle urne per esprimere il proprio voto in piena libertà di coscienza. Per chi ha i capelli bianchi (ormai pochi), sa bene che cosa significa «libertà di votare». Soprattutto a partire dal referendum e dalle le elezioni politiche del 2 giugno 1946. Il cittadino era chiamato ad esprimere la propria scelta tra monarchia e repubblica e ad eleggere i 556 deputati dell’Assemblea Costituente i quali avrebbero avuto il compito di redigere la nuova carta costituzionale. Si era appena usciti dalla dittatura fascista con un Italia distrutta non solo nelle strutture ma soprattutto economicamente e politicamente. Votarono, per la prima volta nella storia italiana, anche le donne. In questo clima di rinnovamento e speranza, la chiesa ebbe un ruolo importante se non chiave nell’indirizzare i fedeli al voto. Anche a Pinerolo non mancò la voce del clero, soprattutto nella persona del vescovo Gaudenzio Binaschi. Il suo invito era perentorio: «E necessario che tutti abbiano le idee chiare, perché sappiano regolarsi, senza lasciarsi intimidire…». Si era in un momento molto delicato, ne andava del futuro della nazione. «Anche i cattolici sono cittadini italiani, e vogliamo sperare anzi tra i migliori, e come tali godono degli stessi diritti degli altri, tra cui importantissimo quello del voto, che per tanto tempo fu negato a tutti». Con queste parole il vescovo spronava i cattolici ad essere testimoni nelle urne, «Perché è un dovere che impone la responsabilità davanti a Dio». Egli considerava la politica come un termine alto e, non politicantismo che è un danno degenerante di quella vera. Nella sua lettera indirizzata al clero e religiosi della diocesi, cita il pensiero di Lenin e Marx invitando ad allontanare i fedeli da certe idee progressiste, onde evitare l’ingrossarsi delle fila comuniste. D’altronde la lotta era tra la DC da un lato e il PCI e PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) dall’altro, e la bandiera della fede doveva sostituire quella della nazione. Solo l’unità dei cattolici è la strada giusta per far nascere e sviluppare la Patria. Per il vescovo Binaschi, erano quelli giorni importanti e gravi, dove si giocava il futuro della nazione. Binaschi fu forse l’unico vescovo pinerolese a scrivere lettere e da indicazioni in modo chiaro al clero e fedeli su quale deve essere la scelta nelle votazioni politiche o amministrative. Non mancherà questo suo interesse anche nelle successive elezioni che si terranno lungo i decenni, ma con toni più pacati, meno aulici e più sommessi. Dopo di lui nessun altro vescovo s’intrometterà direttamente nelle vicende politiche nazionali o locali indicando questo o quel candidato. Punteranno chi sull’ecumenismo (vescovi Santo Quadri e Pietro Giachetti), chi sui problemi sociali (vescovo Massimo Giustetti), chi sul laicato (vescovo Giachetti): terreni dove sicuramente scorrono molte idee pastorali, teologiche ma anche politiche.
Davide De Bortoli
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