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Chiesa  

Bambini in dialogo con Dio

Bambini in dialogo con Dio

21 ottobre 2014

Riflessioni sulla formazione catechistica post-battesimale – parte I

Il Catechismo dei Bambini (“Lasciate che i bambini vengano a me”) si domanda: «Che cos’è la preghiera? Sono capaci di pregare i bambini? Si può parlare di una «scuola di preghiera» per bambini?». Apparentemente sembrerebbe che la preghiera sia qualcosa che va al di là delle possibilità dei bambini, così che anche le piccole formule che diversi genitori insegnano ai loro figli, rischiano di avere per i bambini lo stesso valore delle filastrocche e delle cantilene… E, invece, sì: anche i bambini sono capaci di pregare, a loro modo e nella misura che è loro consentito dall’età e dallo sviluppo. Il bambino ha un grande bisogno di sentirsi partecipe a quello che accade attorno a lui; non sentirsi escluso, da nulla, specialmente quando sono in gioco le persone che per lui sono importanti. Per questo non possiamo escludere i bambini dal momento della preghiera: i bambini hanno diritto di essere aiutati a pregare. I discepoli chiesero un giorno a Gesù: «Maestro, insegnaci a pregare». Questa stessa domanda in maniera inconscia la rivolgono ogni giorno i bambini a mamma, a papà e ai catechisti. Essi ci domandano di aprire loro il mondo dell’invisibile e della grazia. Chiediamoci: come aprire ai bambini il mondo meraviglioso e misterioso della preghiera? Come iniziarli a quel cammino di scoperta che li porterà ad un autentico incontro con Dio?. La preghiera dei bambini ha, infatti, delle esigenze diverse da quella di noi adulti: deve trovare un suo stile proprio, fatto di semplicità, di stupore, di ammirazione, di innocenza che sono le caratteristiche proprie della loro età. Non si tratta, quindi, prima di tutto di insegnare loro delle preghiere, ma di aprire il loro cuore e la loro vita all’incontro con Dio che li ama e li chiama a sé. È una questione di clima, di atmosfera, di maturazione cristiana, prima che di formule da imparare a memoria e da recitare meccanicamente.

II bambino impara a pregare vivendo
Per educare alla preghiera si deve orientare verso Dio tutta la ricchezza e la spontaneità della vita dei bambini, che è fatta di grandi scoperte dentro ai piccoli avvenimenti della vita di ogni giorno. Una prima grande preoccupazione, a questo riguardo, dovrebbe essere quella dei genitori, perché sono loro i primi e i più decisivi “maestri di preghiera”. Gradualmente essi dovrebbero invitare i loro bambini a partecipare e a ripetere i gesti essenziali dei momenti religiosi compiuti in famiglia. L’atteggiamento della mamma nella preghiera, il raccoglimento del papà daranno loro la sensazione viva della «presenza» di una Persona grande e importante e molto amata. Anche se non comprenderanno ancora le parole dette e dei gesti fatti, si identificheranno con l’atteggiamento delle persone che essi amano e, a loro modo, pregheranno. L’iniziazione alla preghiera si basa sul compimento graduale e lento degli atti interiori della preghiera. Perciò occorre favorire prima di tutto il contatto personale, rispettoso e confidente con Dio e l’elevazione gioiosa del cuore verso il Padre celeste. Gli avvenimenti della vita quotidiana offrono frequenti occasioni di dire a Dio il “sì” e il “grazie” riconoscente e sincero. Per questo è importante creare le condizioni esteriori della preghiera: il clima spirituale di raccoglimento, di silenzio e di calma.

La preghiera e le formule di preghiera
La formula, abbiamo detto sopra, non è ancora preghiera, però ha in sé una grande ricchezza di tradizione, di contenuto e corrisponde a una esigenza della psicologia del bambino che è assai portato alla ripetizione. La formula, inoltre, arricchisce il vocabolario e può diventare la traduzione e l’espressione della fede e dei sentimenti religiosi dei nostri bambini. Naturalmente in tutto questo occorre seguire i fanciulli nel rispetto del loro sviluppo graduale, senza forzare il cammino e senza bruciare le tappe, scegliendo anzi i tempi e i modi più opportuni. Non sarebbe, per esempio, una cosa raccomandabile quella di insegnare ai piccoli il Padre Nostro o l’Ave Maria subito nella loro interezza e come preghiera a sé stante da recitare la sera o la mattina… Molto più educativo e producente sul piano della iniziazione alla vera preghiera sarà, invece, introdurre delle singole invocazioni del Padre Nostro come espressioni o formulazioni privilegiate di momenti di preghiera suggeriti dalle circostanze e occasioni della vita quotidiana. Prima di pranzo, per esempio: «Padre nostro, che sei nei cieli: dacci oggi il nostro pane quotidiano». Dopo una mancanza: «Padre nostro, che sei nei cieli: perdona a noi le nostre mancanze, come noi. le perdoniamo a coloro che ci hanno offeso». Al mattino: Padre nostro, che sei nei cieli: tutti gli uomini lodino il tuo nome…». Lo stesso si dica dell’Ave Maria e delle altre preghiere tradizionali del cristiano.

Mario Filippi
(Ufficio Catechistico Diocesano

Festa catechisti 2012

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