La CEI per 45ª Giornata per la vita, domenica 5 febbraio 2023, propone il tema «Promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita».
«Constatiamo come il produrre morte stia progressivamente diventando una risposta pronta, economica e immediata ai problemi personali e sociali». Lo affermano i vescovi della Commissione per la famiglia e la vita della Conferenza episcopale nel messaggio per la 45ª «Giornata per la vita» di domenica 5 febbraio 2023 sul tema «Promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita».
Una mentalità di morte
Dietro tale mentalità «si riconoscono importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto». Davanti a questa cultura di morte bisogna «generare e servire la vita ed è doveroso chiedersi se il tentativo di risolvere i problemi eliminando le persone sia davvero efficace. Dare la morte come soluzione pone una seria questione etica poiché mette in discussione il valore della vita e della persona. Ai grandi progressi della scienza e della tecnica, che mettono in condizione di manipolare ed estinguere la vita in modo sempre più rapido e massivo, non corrisponde un’adeguata riflessione sul mistero del nascere e del morire».
L’aborto non è un diritto
Sempre più spesso si grida che l’aborto «è un diritto della donna» ma nella «Dichiarazione universale dei diritti umani» – che a dicembre compirà 75 anni perché fu approvata dall’Onu il 10 dicembre 1945 – non parla di diritto all’aborto e all’articolo 3 proclama: «Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona». Quelli che urlano «l’aborto è un diritto della donna», ignorano e nascondono il «diritto del nascituro» a nascere. La «Giornata» rinnovi «l’adesione al Vangelo della vita, l’impegno a smascherare la cultura di morte, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita». La «Giornata», giunta alla 45ª edizione, è la risposta pastorale della Chiesa alla legge 194 che dal 1978 legalizza l’aborto; ha lo scopo di educare all’accoglienza della vita, a combattere l’aborto e la violenza, a prendersi cura delle vite più fragili ed emarginate. Una risposta molto concreta la danno il Movimento per la vita e i Centri di aiuto alla vita.
Un po’ di storia
Il “paravento” di Seveso
La presidenza Cei – allora
- presidente il cardinale Antonio Poma (Bologna)
vicepresidenti
- Anastasio Alberto Ballestrero (Torino)
- Giuseppe Bonfiglioli (Cagliari)
- Guglielmo Motolese (Taranto)
segretario
- Luigi Maverna
– il 9-10 settembre 1976 denuncia la strumentalizzazione, in chiave abortista, che viene fatta sul caso Seveso – la fuoriuscita di una nube tossica dall’Icmesa – con «la traumatica riproposizione dell’aborto». Più volte la Cei intervenne dell’aborto: «Con stupore e rammarico si assiste alla pressione sull’opinione pubblica, mediante argomentazioni speciose e strumentalizzanti, a favore non solo dell’aborto terapeutico ma anche eugenetico». La Cei «ribadisce con rinnovata fermezza l’inviolabilità del diritto alla vita del nascituro».
Contro l’aborto e per la vita
Il 19 ottobre 1976 il Consiglio permanente Cei
- parla di «strumentalizzazione abortista seguita al caso di Seveso e alla presentazione alle Camere dei progetti di legge abortisti»;
- ribadisce con fermezza «l’inviolabilità della vita umana dal primo istante del concepimento e il dovere di accoglierla, difenderla e assisterla con amore e con ogni mezzo, da parte dei genitori e della comunità»;
- constata e deplora «la negativa azione intesa a indurre l’opinione pubblica all’accettazione dell’aborto terapeutico diretto, all’inclusione in esso di quello eugenico e all’apertura a quello sociale, con aberrazioni che si spingono a ipotizzare persino forme di pressione e di coazione nei confronti della donna e del medico»;
- richiama, «nonostante qualsiasi permissione proposta al pubblico giudizio, le esigenze supreme della legge di Dio, che nessuna legge umana, per nessun motivo, può contraddire»
“Aborto abominevole delitto”
Nell’imminenza dell’approvazione della legge di aborto 194 il 22 maggio 1978, la presidenza Cei afferma: «Non ci si può illudere. L’aborto procurato è l’uccisione di un essere umano innocente e indifeso. È una scelta violenta che mette in gioco la vita di tante creature e travolge la coscienza morale dei genitori e dell’intera comunità».
La salvaguardia dell’esistenza dei più deboli e indifesi
L’episcopato riafferma: «Fondamento primo del vero bene comune, la legge di Dio esige la salvaguardia dell’esistenza dei più deboli e indifesi; stimola a studiare e promuovere le prevenzioni e le provvidenze per la salute della madre; chiede il genuino rispetto delle coscienze di tutti gli operatori sanitari; assicura l’autentica promozione dell’uomo e della società». L’assemblea Cei (22-26 maggio 1978), riprende la «Gaudium et spes» (7 dicembre 1965) del Concilio Vaticano II (1962-65): «La vita dell’uomo non è in potere dell’uomo ma solo di Dio. La vita umana, anche da parte di quanti si dicono non credenti, si difende, non si offende; si serve, non si opprime; si custodisce, non si distrugge.
La Giornata in difesa della vita
Di fronte alla legalizzazione dell’aborto che con tanta ostinazione è introdotto anche nel nostro Paese, la Chiesa non si rassegna». Il 23-26 ottobre 1978 il Consiglio permanente approva l’istituzione della «Giornata in difesa della vita», fissata ogni anno nella prima domenica di febbraio.
Pier Giuseppe Accornero