6 Maggio 2013
Dio vuole essere cercato

Dio vuole essere cercato, e come potrebbe non voler essere trovato? Una storia ebraica racconta che il nipote di Baruch giocava una volta a rimpiattino con un altro ragazzo. Egli si nascose e stette lungo tempo ad attendere, credendo che il compagno lo stesse cercando ma non riuscisse a trovarlo. Ma dopo che ebbe aspettato a lungo, uscì fuori, e non vedendo più quell’altro, capì che costui non l’aveva mai cercato. E corse nella camera del nonno, piangendo e gridando contro il cattivo compagno. Con le lacrime agli occhi Baruch disse: «Lo stesso dice anche Dio». Dio vuole essere cercato, dice questa storiella ebraica. Oggi, altre storie e altre lacrime pongono in modo differente la questione della ricerca di Dio: Dio sta nel male? In quale male? Dio sta nella sofferenza? In quale sofferenza? lo non so. Non ho risposta. Cerco sempre (E. Wiesel). Le sofferenze degli innocenti, di milioni di uomini ovunque nel mondo, ripropongono in modo la domanda “dov’è Dio?”. Nel conflitto con il male che si gioca nella storia Dio sembra soccombere. E questo porta a dare un orientamento particolare al modo di interrogarsi oggi sulla ricerca di Dio,che è sempre stato uno dei temi più significativi e importanti della spiritualità cristiana. Anzi, tutto questo porta a domandarsi: quale ricerca? E di quale Dio? La Sacra Scrittura afferma la priorità della ricerca che Dio fa dell’uomo, dicendo che l’uomo e il suo mondo sono il centro di interesse di Dio, che la rivelazione di Dio precede e fonda la conoscenza che l’uomo può avere di Lui. Pertanto, la domanda su Dio e la domanda sull’uomo sono unite. Nell’attuale clima culturale secolarizzata l’uomo contemporaneo «è non solo senza Dio, ma anche senza l’uomo» (C. Geffré). Egli si muove smarrito nell’assenza di certezze, respira un senso di assurdità caratterizzato dall’assenza di un senso ultimo della realtà, Questo smarrimento tipico dell’uomo contemporaneo lo si può vedere nel cosiddetto “ritorno di Dio”, che si presenta dietro ai diversi fenomeni di ritorno del sacro, al fiorire di sette, movimenti sincretistici, dietro al diffondersi di sensibilità e atteggiamenti spirituali in cui Dio è prontamente trovato, più che cercato, in un divino impersonale, nella fusione con l’Oceano dell’Essere, nell’evasione verso il miracolistico, nella preghiera ridotta a imposizione a Dio affinché soddisfi il bisogno umano. Tutto questo ci dice che oggi ricerca di Dio dev’essere anche ricerca e approfondimento dell’umano, ricerca di ciò che è veramente umano, capacità di risvegliare l’umanità là dove è assopita. Il Dio rivelato dalle Scritture non ha infatti altri luoghi in cui essere cercato se non la storia e la realtà umana, l’umanità. Storia e umanità che sono anche i due ambiti abitati da Dio nell’incarnazione per andare incontro all’uomo, per farsi presente alla sua ricerca, e consentire così all’uomo di trovarlo. E non dobbiamo dimenticare che Dio non lo si possiede nemmeno quando lo si conosce. Scrive sant’Agostino: «Se pensi di averlo compreso, non è più Dio». La necessità della ricerca salvaguarda la distanza fra il cercatore e Colui che è cercato: distanza essenziale perché il Cercato non è oggetto, ma è anch’egli soggetto. L’atteggiamento di ricerca comporta l’atteggiamento fondamentale dell’umiltà, grazie alla quale può fondarsi il rapporto con l’altro. Cercare Dio significa accantonare le presunzioni di autosufficienza, smettere di pensare di essere i possessori della verità, cessare di considerarsi superiori agli altri. Ricerca di Dio, allora, significa anche cercarlo nell’altro che abbiamo di fronte, vicino a noi.
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