11 Maggio 2011
Agata, una santa "buona" e coraggiosa
La presenza iconografica in diocesi Agata (il nome Agata deriva dal greco agathé che significa “buona”) nacque a Catania intorno al 230. Era una giovane di nobile famiglia cristiana che rifiutò di sacrificare agli dèi e di piegarsi ai desideri del console Quintiano (o Quinziano) che, invaghitosi di lei, cercò inutilmente di convincerla a sposarlo. In forza dell’editto di persecuzione dell’imperatore Decio, per vendicarsi, il console la fece arrestare, mandare in un postribolo (dove però Agata mantenne miracolosamente intatta la sua verginità), quindi incarcerare e torturare. Venne flagellata e con enormi tenaglie le furono recisi i seni. Secondo la “Leggenda Aurea”, durante la notte, Agata fu visitata in carcere da San Pietro che la sanò, in nome di Cristo, senza toccarla. Ma la vergine dovette subire, per ordine di Quintiano, nuove torture: vennero sparsi per terra carboni ardenti, cocci rotti e fatta rotolare nuda sopra. Durante il supplizio, l’Etna cominciò ad eruttare e un terremoto scosse la terra, allora il popolo di Catania supplicò Quintiano di liberarla. Agata fu condotta in prigione dove morì di stenti il 5 febbraio 251.
Per le circostanze del martirio Sant’Agata è protettrice delle balie, delle nutrici, dei fonditori delle campane (perché la colata del bronzo ricorda quella della lava e per la forma delle campane che allude alle mammelle), delle tessitrici per il velo; è invocata contro le malattie del seno, gli incendi e i terremoti.
Iconograficamente Agata è riconoscibile per una serie di caratteristiche. Probabilmente quella più nota è la rappresentazione con i seni recisi e le tenaglie. Ne abbiamo una testimonianza restaurata recentemente nell’affresco tardo Quattrocentesco collocato all’interno della cappella di San Rocco a San Secondo attribuito a Giovanni Canavesio. Decisamente più spesso è semplicemente rappresentata con in mano la palma del martirio come avviene in San Donato e in San Maurizio a Pinerolo (entrambi gli affreschi sono stati realizzati da Giuseppe Rollini). Per quanto riguarda il Duomo (affresco risalente al 1889), Agata tiene in una mano la palma e nell’altra un coltello (riferibile ad uno strumento del martirio). Iconografia completamente differente è in San Maurizio: la figura è collocata all’interno dell’altare dedicato all’Immacolata con l’effigie di Santa Lucia (del 1896); questa volta Agata è rappresentata con in mano la palma e con un agnellino, quest’ultimo elemento molto particolare perché non rientra nella simbologia a lei caratteristica. Uscendo dai confini della diocesi, un ciclo di affreschi della seconda metà del Quattrocento nella cappella di Sant’Andrea a Chiomonte nella frazione di Ramats raffigurano un’Annunciazione, Sant’Antonio, Sant’Agata e le storie di Sant’Andrea. La paternità è stata attribuita alla bottega pinerolese dei Serra, molto attivi in valle di Susa, che colpiscono molto per l’intensa caratterizzazione emotiva e la gestualità dei personaggi. La figura di Sant’Agata risale al terzo decennio del XV secolo e anche in questo caso è rappresentata con la palma del martirio in mano. Ci sono, inoltre, altre iconografie: semplicemente tenente in mano un piatto con i seni recisi, talvolta una torcia o una candela accesa (simbolo della potenza contro il fuoco), oppure con un corno di unicorno (simbolo della verginità).
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