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40 anni fa moriva don Giovanni Barra

40 anni fa moriva don Giovanni Barra

28 gennaio 2015

Quarant’anni fa a Torino moriva il sacerdote pinerolese don Giovanni Barra di cui è in corso il processo di canonizzazione.

In occasione di questa ricorrenza saranno celebrate tre messe in memoria del Servo d Dio: sabato 31 gennaio alle ore 17:30, nella chiesa parrocchiale di Riva di Pinerolo (sua parrocchia di origine); domenica 1 febbraio alle ore 10:30 nella Chiesa Madonna di Fatima  (dove fu parroco) e alle ore 17:00 nella Basilica di san Maurizio dove è attualmente collocata la sua tomba.

don barra 40

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chi era don Giovanni Barra

Giovanni Barra nasce a Riva di Pinerolo il 14 gennaio 1914 da una famiglia contadina numerosa che darà alla Chiesa due figli sacerdoti, di cui uno missionario ed una sorella anch’essa suora missionaria.
Entra nel Seminario vescovile di Pinerolo nell’anno 1925.
Riceve l’ordinazione sacerdotale dal Vescovo Gaudenzio Binaschi, il 29 giugno 1937.
Esercita il ministero sacerdotale nella città di Pinerolo dapprima come insegnante di materie letterarie nel Seminario minore diocesano e di religione nella scuola media statale.

Ma è nel mondo giovanile che egli sente soprattutto di dover esercitare la sua missione. Valorizza pertanto i luoghi tradizionali di riferimento per i giovani della città: l’Oratorio san Domenico e l’Associazione della Gioventù di Azione Cattolica “Silvio Pellico” dove per diversi anni sarà assistente.
Intensa è, sin da quegli anni, la sua predicazione serale ai giovani delle diverse parrocchie della diocesi, i corsi di esercizi spirituali, la partecipazione con loro ai pellegrinaggi mariani e ai congressi eucaristici nelle varie diocesi piemontesi, ai convegni nazionali dell’A.C.I. e l’impegno profuso nel 1949 durante la “Peregrinatio Mariae”.
Nel 1943 da vita alla FUCI, ai Laureati ed ai Maestri Cattolici, alla Gioventù studentesca femminile, alla Conferenza di san Vincenzo per i giovani e le ragazze della città.
Dedica lunghe ore, ogni sabato e domenica in Cattedrale, al ministero della riconciliazione e le porte di casa sua sono sempre aperte per un colloquio, per la direzione spirituale, per attingere dalla sua fornitissima biblioteca qualche libro da leggere.
Quando lascia l’insegnamento in seminario, si fa promotore culturale portando a Pinerolo le voci più vive della cultura cattolica italiana per incontri ai quali partecipano moltissime persone e non solo credenti.
Dal 1948 al 1967, in vent’anni è divulgatore in città dei fermenti culturali che animavano la cattolicità italiana e che nel Concilio Vaticano II troveranno largo spazio. Assecondando la sua vocazione di prete giornalista e scrittore, intrattiene un’intensa corrispondenza con alcuni di loro. Conosce a Lione il vescovo mons. Alfredo Ancel e già nel 1950 traduce i suoi scritti. Ama i preti operai e di alcuni di loro diffonde il pensiero e la testimonianza di vita. Legge e consiglia la lettura di romanzi, poesie e saggi d’ispirazione cristiana, con la profonda convinzione che la cultura può aprire nuovi orizzonti e attraverso ad essa può passare il messaggio evangelico.
Fonda con don Carlo Chiavazza “Il Nostro Tempo” di Torino ed è tra i primi collaboratori di “Adesso” la rivista di don Primo Mazzolari.

Predicatore ricercato percorre tutta l’Italia: dai piccoli paesi alle grandi città, dai corsi di formazione ai convegni dei movimenti laicali cattolici, dagli istituti religiosi ai monasteri. Le sue pubblicazioni sono numerosissime, anche perché si serve spesso di amici per le traduzioni di testi francesi e inglesi e per la raccolta del materiale sul quale egli elaborerà l’opera finale. Ha una passione particolare per le testimonianze di vita, per i convertiti, per le problematiche giovanili, per i mistici, per la figura del prete.
Il tema centrale dei molti libri di preghiera e di meditazione è quello del comandamento dell’amore. Presenta il cristianesimo come gioia, come avventura, novità di vita, scelta eroica.
Nell’estate del 1946 inizia l’attività di quella che diverrà “Casa Alpina” a Soucheres Basses di Pragelato. Per trent’anni vi trascorre i mesi estivi ospitando giovani, famiglie, gruppi che provengono da ogni parte d’Italia. La Casa, che via via si amplia, è un luogo di calda accoglienza, di fraternità sincera tra ragazzi e ragazze, di animazione spirituale.

Nell’ottobre del 1962, designato dal vescovo, promuove la costruenda nuova parrocchia Madonna di Fatima in Pinerolo, dove sarà parroco fino al 1969.
Fare il parroco era stato il sogno della sua vita. Aveva diffuso le idee della parrocchia missionaria nate in Francia, aveva di fronte a sé due modelli ai quali ispira le sue esperienze pastorali: il padre Bevilacqua a Brescia e don Mazzolari a Brozzolo.
Il suo motto sarà “costruire insieme” la nuova comunità cristiana e a questo nuovo impegno dedicherà tutto se stesso: dalla costruzione della chiesa e delle opere parrocchiali, dalla formazione dei gruppi giovanili, alle famiglie. Un’intensa vita liturgica anima la comunità, accanto a momenti di fraternità e di forte evangelizzazione.

Nonostante l’apparenza esteriore di un uomo forte, pieno di vitalità, sempre sorridente e premuroso con chi lo avvicina, la sua salute è cagionevole, anche se non ne parla.
Nel 1967 su invito del fratello missionario compie un viaggio in Africa per riprendere quelle energie fisiche che gli stanno venendo meno.
Nel 1969 è chiamato a Torino dal compianto card. Michele Pellegrino, alla direzione del Seminario delle vocazioni adulte. Sono anni difficili per la Chiesa e la società italiana. Egli offre ai seminaristi una testimonianza di intensa preghiera, di forte obbedienza, di dedizione totale a Dio e alle anime. Predilige il colloquio personale ai dibattiti, considera il dialogo e l’ascolto più arricchente, rifugge da frettolosi giudizi. Non sceglie mai lui per gli altri: suggerisce ed attende la risposta.
La mistica della Croce accompagna negli ultimi anni la sua sofferenza fisica e psicologica.

Sente in modo straziante l’allontanamento di alcuni preti dalla Chiesa e lo turba una contestazione religiosa e civile troppo marcata e troppo astiosa.
Accosta con intensità più profonda la Bibbia e la sua predicazione, come i suoi ultimi scritti, riflettono questa sua profondità interiore.
Dopo il 1972 sembra percepire che la vita gli stia sfuggendo: improvvisi dolori, svenimenti anche durante la celebrazione della Messa e la predicazione. Il malessere lo blocca e lo fa soffrire soprattutto perché la diagnosi della sua malattia è incerta.
Dopo un ennesimo ultimo ricovero ospedaliero si spegne il 28 gennaio 1975 a Torino.

 

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