Skip to Main Content

Chiesa  

2 novembre. Celebrare l’addio

2 novembre. Celebrare l’addio

«Cresce il numero di quanti optano per la cremazione, ma sono poche le famiglie che tengono l’urna in casa. Qualcuno sceglie di non far neppure più celebrare il funerale: la salma viene portata direttamente dalla camera mortuaria (o dalla casa) al cimitero o al Tempio Crematorio di Piscina. Ciò che maggiormente colpisce è vedere che spesso, attorno alla salma, anziché piangere si litiga. Soprattutto per questioni di eredità». A dipingere questo scenario è Massimo Bruno, titolare insieme al fratello Flavio, delle “Onoranze funebri Frossasco”, in attività da oltre 90 anni.

In crescita è pure il senso di smarrimento delle famiglie di fronte al lutto, soprattutto se il decesso avviene in casa: «avere delle indicazioni, anche molto pratiche, da parte di qualcuno è già una sorta di sollievo – prosegue Massimo -. Infatti ci chiamano a tutte le ore, anche nel cuore della notte». E ci confida un episodio emblematico, accaduto prima della pandemia: «un uomo di questa zona cui è mancata la moglie in ospedale mi ha chiamato poco dopo mezzanotte chiedendomi con insistenza di andare da lui, anche se non è previsto che gli operatori delle onoranze funebri possano accedere all’ospedale di notte. In qualche modo l’ho raggiunto. Lui era in reparto che mi aspettava. Ci siamo seduti sulle sedie del corridoio, abbiamo parlato per un’ora e mezza e lui mi ha raccontato tutta la sua storia. Poi mi ha detto: “vai pure a casa, io ora sono tranquillo, poi ci sentiamo domani”. Io non potevo fare nient’altro. Ma l’ho fatto volentieri ed ero contento di essere stato utile a quella persona in quel momento così difficile».

Quando, invece, il decesso avviene a casa «i famigliari vengono da noi e fanno la denuncia di morte. Poi noi facciamo tutte le pratiche: comunicazioni al comune, al parroco, a chi deve aprire la tomba, alla medicina legale per i certificati necroscopici. L’unica telefonata che deve fare la famiglia del defunto è al medico curante perché è lui che deve compilare la scheda Istat dove viene riportata la causa di morte. Poi noi portiamo i documenti in comune».

Anche la vestizione del defunto è sempre più spesso affidata alle onoranze. «Raramente lo fa la famiglia, come accadeva un tempo. Molti credono che si debba fare molto in fretta e si spaventano. Anche la veglia del morto in casa si fa sempre meno. In genere il rosario si recita in chiesa».

«Ultimamente – puntualizza la moglie di Bruno, Manuela Cauduro, che cura la parte grafica – alcune persone ci hanno chiesto di togliere la croce dal “tiletto”, perché non credenti o non cattolici».

 

L’effetto Covid

La pandemia ha sorpreso e travolto anche gli operatori delle onoranze. «All’inizio non sapevamo come operare. Poco per volta, recependo le indicazioni del Ministero della salute, ci siamo attrezzati per trattare i morti di covid – racconta Massimo -. Ma la cosa che più mi ha colpito è stato vedere così tanti cadaveri tutti insieme, soprattutto lo scorso anno nel mese di novembre. Mai nella mia vita avrei pensato di vedere una cosa del genere, anche se siamo abituati un po’ a tutto». E racconta un episodio toccante: «il 3 dicembre del 2020 sono andato in una RSA dove fino alla settimana precedente la situazione era stabile. Quando sono arrivato c’erano morti dappertutto. Io sono entrato per recuperare la salma che ci avevano affidato, ma nelle camere intorno erano tutti morti. Una cosa che sembrava irreale. Nelle camere mortuarie non sapevano dove metterli. Noi siamo arrivati a fare 3-4 funerali al giorno: due il mattino e due il pomeriggio. Un’altra scena impressionante l’ho vista al tempio crematorio dove, durante il picco, era stato affittato un container frigorifero perché non sapevano più dove mettere le bare. E di fronte alle camere mortuarie dell’ospedale Agnelli c’era la coda dei carri funebri. Ora sono mesi che non facciamo funerali di morti di Covid e questo è un dato confortante».

 

Vivere il lutto

Bruno rileva una oggettiva difficoltà nell’affrontare il lutto: «un tempo le famiglie erano più unite, riuscivano a farsi forza ed affrontare insieme questo dolore, attualmente invece le condizioni famigliari spesso sono “complicate” e ci tocca assistere a delle scene davvero sconcertanti». A questo si è aggiunto, durante la pandemia, l’impossibilità di vedere i propri cari e di celebrare il funerale di quanti morivano di covid in ospedale. «Ad oggi resta ancora il divieto del corteo che, soprattutto nei piccoli paesi, era un momento importante. Con le attuali normative si deve raggiunge il cimitero ognuno per conto proprio spesso creando non pochi disagi. Anche alcune celebrazioni vengono “affrettate” non lasciando ai parenti e agli amici il tempo di interiorizzare il distacco».

 

La luce della fede

Per le comunità cristiane prendere atto di questa situazione significa rinnovare e attualizzare l’impegno a stare accanto alle persone che vivono il lutto, per dare un senso al distacco e per offrire una luce di fede.

«Nella Chiesa – ha ricordato recentemente Papa Francesco – non c’è un lutto che resti solitario, non c’è lacrima che sia versata nell’oblio, perché tutto respira e partecipa di una grazia comune. Non è un caso che nelle antiche chiese le sepolture fossero proprio nel giardino intorno all’edificio sacro, come a dire che ad ogni Eucaristia partecipa in qualche modo la schiera di chi ci ha preceduto: ci sono i nostri genitori e i nostri nonni, ci sono i padrini e le madrine, ci sono i catechisti e gli altri educatori…»

La giornata del 2 novembre, dedicata ai fedeli defunti, in questo senso, è un’occasione da non sciupare. Anche e soprattutto recuperando alcuni momenti celebrativi in chiesa e in famiglia, per alimentare quella speranza e quell’amore di cui i cristiani sono chiamati ad essere testimoni.

 

LASCIA UN COMMENTO  

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *