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Attualità  

Votare il senato a 18 anni

Votare il senato a 18 anni

I’8 luglio scorso, con 178 sì, 15 contrari e 30 astenuti, i membri di palazzo Madama hanno approvato il decreto legge che porta da 25 a 18 anni l’età per poter eleggere i senatori. Nel mese di giugno, presso la Camera, la riforma non raggiunse i due terzi dei consensi per cui occorreranno tre mesi per la promulgazione, tempo in cui un quinto dei membri di una camera, 500.000 elettori o 5 consigli regionali, potranno richiedere un referendum per sottoporre la legge ai cittadini. A esultare sono stati quasi tutti i partiti, in particolare M5S e Pd. Si tratterebbe del quinto referendum costituzionale italiano indetto a pochi mesi da quello sul taglio dei parlamentari e a 5 anni da quello voluto dal governo Renzi per l’abolizione del Senato. Questo provvedimento è davvero necessario? Il requisito di 25 anni per votare per il Senato non rappresenta solo un retaggio storico, ma una scelta dei padri costituenti per dare importanza alla seconda camera. Nel V. secolo a.C. Pericle considerava “non tranquillo, ma inutile chi non si interessava degli affari pubblici”. Ad Atene l’indifferenza dei cittadini verso la politica era sentita come un problema stessa apatia che coinvolge parte dei giovani italiani. Molti diciottenni, sotto le elezioni, si riducono all’ultimo a chiedere ai propri genitori cosa votare o scelgono il partito che gli sembra avere la loro idea su grandi temi come ambiente e inclusione senza avere una reale visione politica d’insieme. Argomenti come tav, sblocco dei licenziamenti o flat tax sono dei veri sconosciuti come i nomi di chi riveste i principali ruoli istituzionali. Tante famiglie non guardano tg o trasmissioni di approfondimento politico e ciò ricade sui figli che affidano la loro informazione a siti o a post social poco autorevoli. 5 anni di differenza tra la possibilità di votare per la Camera e per il Senato sono indispensabili per far maturare ai diciottenni la giusta consapevolezza e preparazione che il voto richiede. Estendere indiscriminatamente ai giovani l’elettorato attivo, che qualcuno vorrebbe dare anche ai sedicenni, non aumenta la partecipazione, ma sminuisce solo l’importanza del diritto di voto. Tale iniziativa sembra il tentativo di parti della politica di aumentare i consensi. In primis operando sul sistema istituzionale con piccoli interventi a grande impatto sull’opinione pubblica, per assolvere alla promessa disattesa di irrompere nelle istituzioni cambiandole. In secondo luogo, mostrando attenzione ai giovani nell’incapacità di darla agli adulti di cui hanno perso la fiducia. A pochi giorni dall’approvazione del provvedimento c’è già qualcuno indaga sulle intenzioni di voto dei giovani. Secondo un sondaggio di Tecnè il 23% dei ragazzi fra 18 e 21 anni voterebbe Fdl, il 22% Lega, il 21% Pd e solo il 9% M5S, mentre il 50% è incerto o si asterrebbe.

 

Lorenzo Battiglia

 

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