12 Ottobre 2012
Vent'anni di Mercato Unico Europeo
Ci sono date importanti nella giovane storia dell’Unione Europea.
La sua nascita nel 1951, quando vide la luce con il nome di “Comunità europea del carbone e dell’acciaio” (CECA), la sua trasformazione in “Comunità economica europea” (CEE) con il Trattato di Roma del 1957, il “bing bang” del 1989 con la caduta del Muro di Berlino, il 1992 con il Trattato di Maastricht (UE), padre dell’euro; nel nuovo secolo il deludente Trattato di Nizza del 2000, il grande allargamento dell’UE a Est nel 2004, il fallimento del progetto di Costituzione europea nel 2005, l’esplosione della crisi finanziaria, economica e sociale del 2008, il Trattato di Lisbona entrato in vigore a fine 2009 e molte altre date che la storia d’Europa ricorderà.
Un calendario denso di avvenimenti, caratterizzato spesso da due passi avanti e uno indietro con lunghi momenti di pausa nel processo di integrazione europea, che ci ha fatto dimenticare una data importante di vent’anni fa, quando nel 1992 arrivò a compimento – o quasi – il progetto del Mercato unico.
Padre nobile e tenace di quel disegno fu Jacques Delors, giunto alla presidenza della Commissione UE nel gennaio del 1985, quando al timone del Consiglio europeo c’erano personalità come Helmut Kohl, Margaret Thatcher e François Mitterand, politicamente molto diversi ma con una visione d’Europa, differente ma vigorosa. L’obiettivo perseguito era semplice: portare a compimento il progetto di una Comunità dove fosse effettivo quanto già previsto dal Trattato di Roma: le quattro grandi libertà di circolazione, delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali.
Furono anni di lavoro e negoziati intensi e il risultato fu importante, per almeno tre delle quattro libertà, un po’ meno per quella delle persone.
Il disegno mancò però di equilibrio: all’accelerazione liberalizzatrice non si accompagnò una pari intensificazione della dimensione sociale e delle tutele per i cittadini lavoratori e solo nel 2000, il Consiglio europeo di Nizza, adotterà un’ “Agenda sociale europea” di cui oggi si è perso traccia. Da allora infatti si andò a poco a poco spegnendo l’impegno dell’UE per quel progetto di ispirazione “renana” che ancora oggi trova una dichiarazione di buone intenzioni nel Trattato che impegnava l’UE a promuovere “un’economia sociale di mercato altamente competitiva, tendente alla piena occupazione e al progresso sociale”.
Solo una metà di questa frase, quella della competitività, ha trovato parziale realizzazione; quanto alla piena occupazione e al progresso sociale non si vedono tracce. Da allora la disoccupazione è aumentata e oggi nella zona euro viaggia verso il 12%, per i giovani verso il 25%, in Italia il 36%; quanto al progresso sociale basta guardarsi attorno per misurare l’erosione costante dei diritti dei lavoratori e dei nostri sistemi di welfare.
Si dirà: sul mercato unico si è abbattuto lo tsunami della crisi finanziaria ed economica. Vero, ma questa crisi avrebbe avuto lo stesso impatto sociale se quel mercato unico non avesse scommesso tutto sulle liberalizzazioni e così poco sulla coesione sociale?
Il guaio è che purtroppo la lezione non sembra sia servita a molto. Mentre l’austerità aggrava un’economia in recessione, la Commissione europea ha appena riproposto un rilancio di quel disegno, stessa filosofia e stesso squilibrio, anche nel titolo: “Atto per il Mercato unico II”. Di nuovo molte liberalizzazioni e poca dimensione sociale, tra gli ispiratori un certo Mario Monti che di quel disegno è in Italia un interprete fedele.
Intanto, se da una parte la zona euro si è finalmente dotata di uno strumento di solidarietà come il Fondo salva-Stati e 11 Paesi hanno detto sì alla tassa sulle transazioni finanziarie rendendo finalmente possibile la Tobin Tax, dall’altra la Gran Bretagna minaccia di indebolire ulteriormente la coesione sociale europea mettendo un veto sul bilancio dell’UE e di ridurre la libera circolazione dei lavoratori comunitari, alla faccia del Mercato unico e della solidarietà europea.
Intanto le piazze di Spagna e Grecia s’infiammano, in Italia l’autunno si annuncia caldo con studenti e lavoratori nelle strade, i politici in affanno a mettersi in salvo, i cittadini equamente divisi tra rassegnati e arrabbiati.
Anche così può, a poco a poco, morire il sogno europeo.
Franco Chittolina
LASCIA UN COMMENTO
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *