6 novembre 2014
Il fortissimo incremento, nel mese di settembre, della richiesta di cassa integrazione in Piemonte e, soprattutto, nell’area torinese dimostra che nella nostra regione la crisi è sempre più drammatica e che qualsiasi motivo di ottimismo senza una correlata progettualità è assolutamente mal riposto. In particolare, come dicono i dati, la cassa riguarda l’industria manifatturiera torinese ed una parte consistente di essa è di carattere straordinario, rappresentando il preludio, in moltissimi casi, alla definitiva chiusura degli stabilimenti o ad una consistente diminuzione degli addetti.
Il Presidente Regionale del Movimento Cristiano Lavoratori, Mauro Carmagnola, denuncia questa situazione allarmante e ritiene che ad essa non venga data sufficiente eco, preferendo soffermarsi su fatti marginali anche sotto il profilo economico. Le conseguenze di questa congiuntura sulle famiglie e sul tessuto sociale rischiano di essere devastanti, perché seguono ad un già lunghissimo periodo di recessione. Eppure il dibattito su questi temi appare, anche in presenza di questa drammatica situazione, viziato da intenti strumentali tutti interni a logiche di supremazia politica.
Carmagnola si sofferma schematicamente su quattro punti: «La difesa del posto fisso appare anacronistica, ma al superamento dell’articolo 18 vanno affiancate misure di tutela altrettanto flessibili e diffuse (non a crescere nel tempo) e politiche attive del lavoro assai più incisive, a cominciare da una più innovativa formazione professionale per i disoccupati cui debbono essere forniti strumenti veri per il loro reinserimento in una mutata attività manifatturiera. La diminuzione del costo del lavoro prospettata è assolutamente insufficiente ad indurre, di per sé stessa, le aziende ad assumere: occorrono interventi più coraggiosi ed incisivi. Il problema dei costi industriali non può ridursi a quello del costo del lavoro; vi sono altri fattori, quali il costo dell’energia e la fiscalità generale e locale a carico delle imprese, su cui non si è assolutamente intervenuto e che rendono il prodotto italiano non competitivo. Questi costi pagati dai produttori sono causati da sprechi e rendite contro le quali nulla, al momento, si fa. Anzi si ha la sensazione che monopoli, oligopoli, potentati e corruzione vadano crescendo. Gli errori compiuti in Piemonte ed a Torino nell’inseguire modelli di sviluppo improbabili, spesso fortemente sostenuti dall’ente pubblico, e l’aver dimostrato una colpevole sudditanza nei confronti di devastanti delocalizzazioni (ovvero fughe all’estero) getta un’ombra sulla classe dirigente, soprattutto politica, che ha retto Regione e Comune negli ultimi vent’anni, mal gestendo i progetti dei predecessori (piano regolatore di Torino, alta velocità ferroviaria, autostrade incompiute, trasporti pubblici peggiorati…) senza saper individuare nuovi obiettivi davvero strategici per la comunità piemontese».
Movimento Cristiano Lavoratori
Unione Regionale Piemonte