Un parco giochi nel degrado: cocci di bottiglie, pezzi di ferro, siringhe infette… di tutto e di più. I bambini del quartiere non hanno altro posto dove andare. Quindi passano in quell’angolo squallido della città i loro pomeriggi. Ferimenti, contusioni, incidenti vari sono all’ordine del giorno. La comunità si accorge – e come potrebbe non accorgersene? – del problema. Si riunisce. Interpella. Riflette. E alla fine decide di potenziare il pronto soccorso e il reparto di pediatria dell’ospedale! Decisione ridicola e assurda. Ma è quella che la nostra società occidentale sta adottando nei confronti della famiglia. La famiglia è in crisi, soffre, si sfascia. E allora che cosa si fa? Invece di migliorare le politiche famigliari, di promuovere formazione ed educazione, di riproporre i valori che stanno alla base della famiglia, si potenzia il pronto soccorso per le “famiglie allargate” o per le “non famiglie” che tuttavia pretendono di essere considerate tali. Soluzioni miopi e incapaci di guardare ad un prossimo futuro sull’orlo del disfacimento sociale. Questa considerazione non vuole essere un giudizio verso coloro che vivono situazioni famigliari problematiche – me ne guarderei bene! – ma verso quanti vogliono fare del ferito un sano a tutti i costi. Così – senza andare troppo lontano! – si propongono, anche da parte delle istituzioni pubbliche, “convegni” sui diritti negati alle famiglie invisibili e non si muove un dito per quelle visibili che ogni giorno, tra mille fatiche e difficoltà, tentano di reinventarsi in un contesto tutt’altro che semplice. Va bene potenziare il pronto soccorso, ma meglio è mettere in ordine il giardino in modo tale che si possa vivere senza farsi troppo male.

P.R.