18 Febbraio 2012
Sciopero della messa?
La chiesa si rinnova a partire dalla preghiera Poiché le idiozie non vengono mai sole, dopo lo sproloquio sanremese di Celentano contro Avvenire e Famiglia Cristiana, ecco che il giornalista del “Fatto Quotidiano” Ferruccio Sansa lancia lo “Sciopero della messa”. Ma chi è Ferruccio Sansa? Sul suo profilo Fb candidamente confessa: “se soltanto provo a descrivermi ai lettori, mi accorgo di avere le idee piuttosto confuse su me stesso”. E nell’articolo programmatico anti-messa (pubblicato al link http://temi.repubblica.it/micromega-online/io-cattolico-dico-basta-a-questa-chiesa-faro-sciopero-della-messa/) si definisce: “cattolico, pur con molti dubbi”. Il motivo dello sciopero? A suo dire «la Chiesa pare sempre più concentrata sulle questioni terrene. Non solo: ormai quotidiani sono gli scandali (non c’è bisogno di ricordare lo Ior del passato e del presente, le troppe ombre sui rapporti con la banda della Magliana, sulla morte di Emanuela Orlandi, sull’omicidio del capo delle Guardie Svizzere), poi episodi di aperta corruzione, contiguità con personaggi discussi. Gli affari di imprenditori legati al Vaticano, per esempio nel mondo del mattone». Di fronte agli scandali, veri o gonfiati, la soluzione per il dubbioso e confuso Sansa non può essere che lo sciopero della messa. «Non lascerò – conclude l’illuminato – che la mia idea di Dio, che addirittura la speranza nella sua esistenza, siano messe in discussione da qualcuno. Allora domenica prossima non sarò in Chiesa. No, non è un gesto per lasciare ancora più soli tanti sacerdoti, anzi. Ma sento che – per me – è giusto così, anche se non se ne accorgerà nessuno, se non io. Ma se tanti altri lo facessero, chissà…».
Ed ecco concretizzarsi l’appello nell’immancabile pagina di Fb.
Che la gerarchia non sia (e non sia stata) immacolata non è scoperta di oggi. Già sant’Ambrogio definiva la Chiesa “Casta meretrix”. Ma gli strumenti per rinnovare il Popolo di Dio non sono quelli dei sindacati e dei partiti. La storia ce lo insegna con sufficiente chiarezza. La chiesa si rinnova a partire dalla preghiera e dalla testimonianza che, in alcuni casi, può anche manifestarsi in segni visibili e – perché no – eclatanti. Ma senza la comunione con il corpo e il sangue di Cristo, senza la preghiera condivisa, senza un impegno a convertire se stessi prima che gli altri, nessuno azione – e tantomeno nessuno sciopero – può portare frutti di bene e di salvezza.
San Francesco d’Assisi, all’invito del Crocifisso “va’ e ripara la mia chiesa che, come vedi, è tutta in rovina!”, non rispose disertando l’eucaristia ma, al contrario, la fece diventare il centro della sua vita. Nei suoi scritti si legge: “Tutta l’umanità tema, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, vi è Cristo, il Figlio del Dio vivente. O favore stupendo! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi per la nostra salvezza, sotto una modica forma di pane”.
Scioperare e invitare gli altri a farlo non è la soluzione. Tutt’al più è un modo per attirare su di sé l’attenzione. Cosa che difficilmente salverà la Chiesa.
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