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Attualità  

Sbarchi in Sicilia. Quando a pagare sono i più piccoli

Sbarchi in Sicilia. Quando a pagare sono i più piccoli

21 ottobre 2013

L’art. 10 della Costituzione della Repubblica Italiana stabilisce che lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione stessa, «ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge».

La tragedia immane di Lampedusa ha riportato bruscamente all’attenzione della pubblica opinione internazionale la questione dell’immigrazione. In questa tragedia l’aspetto che ha più colpito è stata la drammatica condizione dei minori.
Non bisogna mai rassegnarsi al dolore dei popoli che sono ostaggio della guerra. Lo ha ribadito, per l’ennesima volta, papa Francesco durante l’udienza ai rappresentanti di Chiese, comunità ecclesiali e religiose partecipanti all’incontro internazionale organizzato a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio. Non possiamo assistere indifferenti e impotenti al dramma di bambini, famiglie, anziani colpiti dalla violenza.
«Sono più di 4 mila i minori stranieri sbarcati in Italia dall’inizio del 2013– riferisce Raffaela Milano, direttore del programma Italia-Europa di Save the Children Italia -. Di questi, circa 3000 sono minori soli, arrivati nel nostro paese senza genitori e senza adulti di riferimento. Sono prevalentemente adolescenti, ma a volte anche bambini che hanno alle spalle viaggi durissimi, lutti e sofferenze. Sono eritrei, egiziani, somali, afgani. In continuo e progressivo aumento è il numero dei minori non accompagnati che proviene dalla Siria».
Purtroppo ad oggi l’Italia e l’Europa non assicurano a questi minori soli la protezione necessaria. I problemi nascono subito con l’accertamento dell’età, che avviene in modo difforme da un comune all’altro e senza le procedure codificate. Non esiste un sistema nazionale organico di protezione e tutela dei minori e troppo spesso l’accoglienza è affidata al caso e vi sono tempi troppo lunghi di attesa prima dell’inserimento in una comunità. «Pensiamo ai sopravvissuti del naufragio – prosegue Gabriela -. Sono ancora a Lampedusa all’interno di un Centro di accoglienza che ha una capienza massima di 250 posti e ospita più di 1000 migranti, in condizioni di assoluta promiscuità, indegne di un paese civile. Molti minori, poi, vogliono raggiungere altri paesi europei dove già si trovano loro familiari, ma questi ricongiungimenti sono resi estremamente complessi dalle norme europee troppo restrittive. Di conseguenza, per evitare di essere rispediti in Italia quale primo paese di approdo in Europa, molti ragazzi si rendono “invisibili” alle autorità italiane, con i gravissimi rischi che questo comporta per lo sfruttamento nei circuiti della illegalità».
Servono, quindi, misure legislative nazionali ed europee immediate e capaci di dare una risposta efficace e credibile a questi continui drammi umani. Come la bella proposta lanciata proprio dall’organizzazione “Save the Children” di costituire una rete di “tutori volontari” per la promozione dell’affidamento familiare. Allo stesso tempo è necessario promuovere e incoraggiare l’attenzione di tutta la comunità civile per evitare che, dopo i rischi attraversati durante questi drammatici viaggi, i minori si trovino ad affrontare un’altra odissea anche in Europa.

Stefania Parisi

lampedusa - Copia

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