6 Dicembre 2011
Sacrifici, su cosa e per cosa…
A margine della manovra finanziaria I tempi che stiamo vivendo sono davvero ardui. Di mezzo ci sono i soldi, i risparmi, le pensioni.E si tratta di nervi scoperti. Su cui la gente è sensibilissima. Non sappiamo come finirà. E questo mette in affanno. L’aria che tira è pesante. Non giova, per adesso, tornare indietro sui passi perduti di una crisi che troppi hanno negato o minimizzato, e che poi ci ha aggredito duramente. Adesso ci si sta convincendo, per forza di cose, che se non ci si fa carico tutti insieme… si può andare a gambe levate. Insomma è l’ora dei sacrifici. Quasi tutti sono d’accordo che occorre farli. Da più parti – giustamente – si chiede che ci siano rigore ed equità, nel ripartire i fardelli di questo momento complicatissimo. Che nessuno faccia il furbo, che nessuno si tiri indietro, che nessuno cerchi di sfuggire alle responsabilità, che nessuno si rifugi in liquidazioni megagalattiche od in vitalizi irritanti per i comuni mortali (tanto per stare sulle contraddizioni di questi giorni). E che si tagli là dove si soffre di meno. E magari si riduca quello che è riducibile senza penalizzare più di tanto, come sarebbe nel caso delle spese militari – ad esempio – di cui non si sente quasi mai parlare.
Restano due annotazioni per nulla marginali. La prima riguarda la conflittualità politico-umorale che si è ridimensionata alla grande. Usciti di scena personaggi che politicamente privilegiavano lo “scontro” da una parte, o l’arroganza dei numeri dall’altra, o il presunto consenso del Paese da una terza parte… ci si sta concentrando sulle cose che non vanno, dati alla mano, con la competenza di chi sa il fatto suo nelle singole materie… Certo, la politica democraticamente dovrà dare il suo assenso. Ma intanto è po’ messa sulla corda. E sembra persino intimorita. Chiamata a rispondere di soluzioni che se non adottate rischiano di far fallire il Paese appunto. Comprendendo finalmente che in momenti eccezionali bisogna davvero gettare acqua sul fuoco delle polemiche perenni, pensando a trovare la quadra, mediando con la saggezza del buon padre di famiglia. Meno conflitti, comunque, è meglio, soprattutto in questi frangenti.
E poi c’è da guardare avanti. Non solo per sopravvivere. Ma per riorganizzare un po’ tutto. Ripartendo dall’essenziale. Che non equivale ad un deficit di inventiva, di creatività, di intraprendenza. Certo c’è da raddoppiare l’impegno, c’è da moltiplicare lo sforzo. Ma si deve crescere. Sicuramente in modo diverso. Per allestire una speranza per le nuove generazioni. Ritessendo gesti, scelte, priorità che consentano di riposizionare il nostro sviluppo. Scommettendo sulla qualità della vita, a dispetto magari di quantità di cose che ci hanno intasato e zavorrato. Una sfida aperta. Da raccogliere. Senza che troppi si chiamino fuori.
CORRADO AVAGNINA
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