23 febbraio 2016
Caro Direttore,
l’articolo “Noi, innamorati di Pinerolo”, a firma Giancarlo Chiapello pubblicato sul numero 3 di Vita Diocesana Pinerolese del 21 febbraio riporta l’intervista corale al Forum delle Associazioni della Città (composto da CeSMAP, Italia Nostra, Legambiente, Libera – Presidio Rita Atri, Salviamo il Paesaggio, Centro Studi Silvio Pellico, Tac). Intervista nella quale il tema dell’urbanistica è quello che maggiormente attrae l’attenzione.
Le considerazioni riportate nell’articolo mi stimolano ad intervenire nel dibattito precisando che il mio intervento è espresso in qualità di candidato alle elezioni Primarie del Centrosinistra e non di Presidente dell’Associazione Lapis (Laboratorio Pinerolese per la città e il territorio Smart). Quanto sopra anche in considerazione del fatto che l’Associazione, invitata a intervenire nel dibattito, in considerazione della mia condizione di candidato ha ritenuto opportuno astenersi dal partecipare.
In questi anni a Pinerolo abbiamo partecipato a parecchi momenti di discussione su temi che hanno interessato diverse ipotesi di trasformazione urbana: i Portici blu, l’area Turk, l’intervento sulla Caserma Bochard, ecc.
Da ultimo la “Variante ponte” con la quale, è insito nel nome, è iniziato un percorso verso un non più procrastinabile nuovo Piano Regolatore Generale Comunale (PRGC).
Tutte queste discussioni sono state sviluppate nel solco della tradizionale gestione delle tematiche urbanistiche. Era impossibile uscire da questo percorso. Ma dal 2016 l’approccio deve mutare profondamente.
La concezione dell’urbanistica, quale materia finalizzata a disciplinare i diritti edificatori e l’uso del suolo edificabile, è superata, tramontata.
Oggi occorre ragionare sulle trasformazioni urbane in termini ben più ampi passando dal concetto di urbanistica a quello di governo, tutela e messa in sicurezza del territorio. Un approccio finalizzato a spostare l’attenzione, e quindi le conseguenti azioni politiche, dal valore economico del territorio edificabile al valore sociale del territorio in quanto bene non riproducibile.
Con questa visione, fortemente innovativa per Pinerolo, è altresì necessario che a fianco dei tradizionali strumenti usati dagli urbanisti, siano affermate le culture, le competenze e i metodi organizzativi propri di chi opera nei settori ambientali, culturali, economici, sociali con la più ampia partecipazione dei Cittadini e di tutti i soggetti portatori di interessi nei vari campi.
Per (ri)disegnare la Città e il territorio di domani, di qualità ed attrattiva, occorre maturare una nuova cultura del territorio in grado di dare luogo a un nuovo Piano Regolatore che, senza perdere di vista i necessari ed improrogabili interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, guardi ben oltre i confini di Pinerolo per recepire esperienze applicate con successo altrove, a livello nazionale e internazionale.
Mi riferisco in sostanza a un nuovo Piano Regolatore che non si limiti ad essere un elenco di prescrizioni e di vincoli, bensì possa rappresentare il canovaccio sul quale pensare e realizzare la Pinerolo del 2030-2035 attraverso gli strumenti attuativi del Piano stesso.
Quali sono i cardini sui quali impostare la politica urbana alla quale il futuro Piano Regolatore deve essere sotteso?
Elenco quelli che risultano essere i principali:
- partecipazione attiva della Città al processo pianificatorio,
- zero consumo di suolo vergine privilegiando gli interventi di qualità nelle aree già compromesse,
- incentivazione degli interventi di ricostruzione, ristrutturazione, adeguamento – miglioramento sismico e riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare esistente soprattutto attraverso l’impiego di tecnologie innovative,
- disciplina degli istituti perequativi e compensativi volti a favorire la realizzazione di interventi pubblici e di edilizia sociale,
- nuovo piano della sosta e della viabilità per una mobilità ambientalmente sostenibile,
- nuovo piano del commercio finalizzato al reinsediamento di botteghe artigiane e commerciali, in particolare nel Centro storico, scongiurando ulteriori insediamenti di nuovi centri commerciali in periferia,
- interventi di riutilizzo a fini culturali, sociali ed economici del patrimonio immobiliare del Comune in disuso non alienato/alienabile,
- attivazione (in collaborazione con il Politecnico di Torino, l’Università, l’I.I.S. Buniva, le Organizzazioni artigianali e sindacali, il Terzo settore) di laboratori per l’autocostruzione e/o la ristrutturazione di unità abitative con criteri ecocompatibili, con la finalità di fare acquisire competenze manuali e contribuire allo sviluppo di forme di appartenenza al territorio e solidarietà che possono favorire l’integrazione sociale.
Nella cornice del nuovo Piano Regolatore e con una visione globale, non ristretta alle rispettive aree, devono trovare soluzione i temi oggi in sospeso. Sulla base di questo percorso si può immaginare un futuro per l’uso del territorio che non sia solo il frutto di qualche pur interessante e pregevole intervento architettonico/urbanistico, bensì il risultato di una politica attenta a:
- governare gli interessi legittimi e non a subirli piegando ad essi il futuro disegno della Città,
- commisurare gli interventi alle necessità collettive,
- intervenire sui possibili rischi causati dai fenomeni naturali e dall’uso non corretto del territorio,
- migliorare la qualità della vita dei Cittadini,
- rendere la Città, sia nell’ambito pubblico che in quello privato, meno “energivora”, più attenta ad “investire” nell’utilizzo di tecnologie a basso consumo energetico e in tecnologie che impiegano energie rinnovabili.
Tutto questo è utopia? Assolutamente no. Unicamente, per trasformare queste idee in risultati, occorre mettere in campo una seria volontà politica abbandonando i vecchi conformismi.
Luigi Pinchiaroglio