14 Gennaio 2015
Quirinale, ora parte la vera sfida
12 gennaio 2015
Il discorso di capodanno del presidente della Repubblica ha aperto il capitolo della “successione”
E finalmente ci siamo. Dopo che i franchi tiratori del Pd hanno deciso, appena 18 mesi fa, di colpire a morte due fondatori del partito come Franco Marini e Romano Prodi candidati alla successione di Giorgio Napolitano al Quirinale, adesso siamo arrivati al dunque. Cioè alla vera successione di Napolitano. E dopo il discorso di fine anno sono partire le cosiddette “grandi manovre” per la successione.
Ora, per non ripetere le solite analisi, peraltro già scontate e persino noiose, sul totonomi – molti dei quali sono semplici autocandidature grazie ai soliti giornalisti compiacenti – forse è arrivato il momento per capire qual è la vera posta in gioco in vista dell’elezione del nuovo inquilino del Quirinale. È indubbio che ormai da molti anni il Presidente della Repubblica non svolge un semplice ruolo “notarile” o meramente “burocratico” nel complesso scacchiere della politica italiana. Da Cossiga in poi il Capo dello Stato svolge un ruolo politico decisivo e quasi determinante nell’orientare e nel condizionare la politica italiana e nella stessa ricerca e costruzione dei “nuovi equilibri”. E i 9 anni di Napolitano sono stati, su questo versante, esemplari. Un “interventismo” politico che, seppur esercitato nel solco della Costituzione, ha svolto un ruolo politico di primo piano. Dalla fine dei governi alla formazione di nuovi governi, dalla spaccatura di alcuni partiti alla nascita di nuovi equilibri politici. E poi molto altro ancora: dalla bocciatura di alcune leggi alquanto discutibili negli anni scorsi al rispetto rigoroso dei parametri europei, dal contributo determinante nella scelta dei ministri più delicati per la guida del nostro paese ai richiami, sempre puntuali e intelligenti, sull’andamento e sul comportamento della politica italiana.
Insomma, succedere a Napolitano non sarà affatto facile. Certo, il successore sarà, come quasi sempre, il frutto dell’azione dei franchi tiratori che nel 2013 erano prevalentemente nel Pd ma che possono mietere consensi a livello trasversale. E il confronto e il dibattito di questi giorni verte proprio sul “profilo” e sulla “identità” politica dell’ormai futuro candidato. Per dirla con una parola, sulla personalità del candidato. E questo perché nella cosiddetta “era renziana”, si tratta di capire se il futuro Capo dello Stato sarà un semplice prolungamento di Palazzo Chigi oppure se proseguirà l’azione e il magistero di Giorgio Napolitano. Cosa di per sé impossibile anche perché l’esperienza e la personalità di Napolitano sono e saranno difficilmente replicabili. A prescindere.
E il dibattito di queste settimane ruoterà proprio su questo tema. A partire dal nome e dal cognome del candidato.
L’unica speranza e l’unico auspicio sono quelli di non assistere più allo spettacolo indecente e squallido dell’aprile 2013 quando c’era la gara tra i parlamentari del Pd a vantarsi di essere stati «franchi tiratori contro Franco Marini». E silenziosamente dopo contro Romano Prodi. Conserviamo ancora gelosamente quei tweet e quelle dichiarazioni di molti parlamentari del Pd, anche e soprattutto piemontesi, che si vantavano di aver creato quel degrado e quello squallore etico e morale senza precedenti. Una fase politica che continua a far discutere e che speriamo non si ripeta. Anche se, come è del tutto evidente, la platea elettorale è sempre quella.
Molto dipenderà, comunque sia, dalla capacità di Renzi di guidare questa delicata e intricata partita. Per il bene del Parlamento. Ma, soprattutto, per il bene del nostro paese e per il profondo rispetto della nostra bussola politica, culturale ed istituzionale: la Costituzione.
Giorgio Merlo
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