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Attualità  

Quello spreco evitabile

Quello spreco evitabile

Di Corrado Avagnina Dimagrire. Verbo non solo estivo per recuperare una silhouette da prova costume in spiaggia. Verbo da tempi di crisi in tutte le stagioni ormai: e magari sotto il solleone si fa più insistente, per evitare tutto ciò che non ci si può più permettere, visti i portafogli assottigliati di troppi. Verbo che dovrebbe poi colpire soprattutto gli sprechi. Non per nulla il Governo si sta impegnando per dimagrire lo Stato da tutti i possibili orpelli, abbarbicandosi alle parole inglesi “spending review”. Ovvio che – in proposito – ci si possa pure un po’ seccare, perché a queste spese tagliabili e forse superflue si poteva pensare anche prima…. Eppure dimagrire richiama anche un altro nodo cruciale del nostro tempo, che troppo poco viene alla ribalta, pur passando sotto gli occhi di tanti, tutti i giorni. Eh, sì, perché ci sono cifre che ci lasciano di stucco, sul fronte del cibo buttato nella nostra Italia che sorprende spesso in negativo: nell’anno 5,5 milioni di tonnellate di derrate alimentari finiscono nella spazzatura, per un controvalore di 12,3 miliardi di euro. I dati sono forniti da un’inchiesta realizzata dalla Fondazione per la sussidiarietà e dal Politecnico di Milano (in collaborazione con Nielsen Italia). Tra l’altro il titolo della ricerca è già emblematico di per sé. “Dare da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità”. Perché se il 58% di alimenti se ne va nella fase di produzione e di distribuzione (con tutto l’invenduto che poi oltrepassa la scadenza), anche nella gestione domestica della cucina e della tavola i cibi andati a male o avanzati fanno un bel malloppo: 42 chili a testa che si raccolgono nel bidone dell’umido, pari a 117 euro. E’ pure vero che in cinque anni abbiamo fatto passi da gigante: allora il cibo sprecato assommava a ben 37 miliardi di euro! Ma proprio perché morde la crisi e proprio a fronte di tante situazioni precarie sotto il profilo della sussistenza, c’è ancora da riflettere su una disfunzione che ha dell’insopportabile nella nostra società del… troppo e poi… del troppo poco!
Restano altri punti da non sottovalutare. Che però attutiscono appena lo sconcerto. La ricerca annota infatti che inglesi e americani sprecano alimenti tre-quattro volte più di noi italiani. E poi già adesso il 20% del cibo destinato ad essere scartato viene in qualche modo riutilizzato da organizzazioni no profit come la meritevole rete allestita dal Banco Alimentare. E non mancano le iniziative per recuperare le eccedenze alimentari inutilizzate, introducendole opportunamente nelle realtà di volontariato e di assistenza ai più poveri. Okay, non si sta con le mani in mano. Le buone pratiche sono al lavoro, magari anche trovando il modo per conservare e ridistribuire ciò che non viene consumato nelle varie mense (scolastiche ad esempio…).
Ciò che andrebbe spinto, sotto forma di sensibilità e di educazione, è invece quell’atteggiamento personale, familiare, quotidiano che scongiura lo spreco in cucina ed a tavola. Basterebbe ricordarsi delle nostre tradizioni culinarie d’antàn quando si inventavano piatti per nulla “poveri” – oggi per altro ricercati –, approntati con gli avanzi più diversi, nell’intento di non buttare nulla, perché era gesto che non ci si poteva permettere e perché sciupare un alimento era considerato un peccato mortale! Forse bisognerebbe anche porre attenzione a ridurre le dosi a quanto è necessario (mentre magari oggi le promozioni all’acquisto fanno fare incetta di tutto e di più). Ovvio che la frutta e la verdura a km 0 dovrebbero facilitare la spesa domestica dosata al bisogno, per non vedere le fragole o le ciliege marcire perché in eccessiva quantità. C’è persino chi azzarda una proposta (coraggiosa o solo sensata?), che punta – in negozio – a far ridurre il prezzo dei prodotti freschi (pane, frutta, verdura, ortaggi…) se acquistati un’ora prima della chiusura serale, consentendo così il consumo in giornata, senza mandarli invece al macero. Ed infine ai bambini occorrerebbe insegnare ancora che non si mangia più con gli occhi che con la bocca. Insomma la fantasia ed il rigore per non sprecare possono essere all’opera. Basta assecondare questi trend. Vivremmo meglio tutti, tra l’altro anche senza pesi sulla coscienza, al pensiero di chi muore di fame.

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