15 Febbraio 2014
Quando lavorare è un’impresa. Due giovani raccontano la loro scommessa professionale tra timori e speranze

Dire che in Italia l’impresa privata è in sofferenza non fa certo notizia perché ormai, in qualche modo, ci siamo abituati ad una crisi che sembra farsi sempre più cronica e che lascia poco spazio a reali prospettive di ripresa, almeno per il prossimo futuro. Ormai non si contano i marchi italiani, anche molto prestigiosi – vedi il recente caso delle poltrone Frau – che vengono ceduti a società o gruppi esteri. I numeri sono impressionanti, negli ultimi quattro anni sono quasi cinquecento e, tra questi, molti nomi eccellenti che vanno dal settore alimentare a quello della moda e del lusso, dalle compagnie telefoniche al mondo delle due ruote: Bulgari, Gucci Valentino, Fendi, Perugina, Algida, Bertolli, Parmalat, Galbani, Invernizzi, Buitoni, Gancia, Peroni, Telecom, Ducati, Benelli, e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Certo, i gruppi stranieri hanno speso più di cinquanta miliardi di euro per portare a casa i marchi italiani, ma sono soldi che vanno alle vecchie proprietà, non portano valore aggiunto alla comunità e, in ogni caso, non valgono certo la perdita dei gioielli di famiglia. L’impresa in Italia però non è fatta solo dai grandi nomi, ma da una ingentissima quantità di piccole, medie e micro imprese, da sempre considerate il motore trainante dell’economia e, conseguentemente, del benessere del nostro paese. Secondo l’analisi fornita dal Cna (Confederazione nazionale dell’artigianato e delle piccole e medie imprese) aggiornata ai dati del terzo trimestre del 2013, di queste ne risultano attualmente iscritte alle Camere di commercio poco più di sei milioni, un dato che riporta addirittura al 2005. La situazione peggiore riguarda però le imprese artigiane il cui numero, dal 2008 a tutto il 2013, si è ridotto di 80.000 unità con la perdita di oltre 200.000 posti di lavoro. Emblematiche le dichiarazioni di Sergio Silvestrini, segretario generale di Cna, riportate dal Corriere Economia del 10 dicembre 2013, «È come se avessero chiuso, contemporaneamente, gli stabilimenti italiani della Fiat, le Ferrovie dello Stato e l’Eni. Un disastro passato completamente sotto silenzio». A tutto ciò per le microimprese si aggiunge, secondo la denuncia del CGIA (Associazione Artigiani Piccole Imprese) di Mestre, un aggravio fiscale che va dai quasi trecento ai mille euro, per l’anno 2013. Secondo Giuseppe Bortolussi, segretario del CGIA, che ha analizzato alcuni casi rappresentativi, gli aumenti di tassazione degli ultimi anni sono da attribuire soprattutto all’aumento dei contributi previdenziali per i lavoratori autonomi, oltre che all’introduzione dell’Imu e della Tares. Questi inasprimenti hanno colpito in particolare le aziende con meno di dieci addetti che costituiscono però il 95% delle imprese presenti in Italia. C’è poco da commentare, una situazione tutt’altro che rosea, ma pur in un simile contesto si trova ancora chi scommette sull’iniziativa privata e decide di mettersi in proprio, specialmente tra i giovani. Questa tendenza è stata rilevata anche da Unioncamere (Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) che, per i primi nove mesi del 2013, ha registrato, su un totale di trecentomila, più di centomila imprese aperte da giovani sotto i trentacinque anni, quasi il 34% del totale. Il dato è interessante e potrebbe essere un segnale incoraggiante.
La scommessa di Paolo e Alex
Per approfondire l’argomento abbiamo incontrato due giovani imprenditori del nostro territorio che tra pochi giorni avvieranno una nuova impresa.
Paolo e Alex, ormai manca poco… Quando aprite e specialmente con quale stato d’animo?
Apriamo a fine febbraio e siamo pieni di speranze. Abbiamo investito molto in questo progetto e non vediamo l’ora di farci conoscere. Vogliamo lavorare e lavorare bene. Il nostro desiderio è di dare sempre il miglior servizio possibile al cliente, sotto tutti i punti di vista.
Che cosa offrite e a chi vi rivolgete?
Ci proponiamo come fac-totum di tutto ciò che ha a che fare con la casa. La nostra specializzazione è l’installazione e la riparazione di serramenti, porte, finestre e serrande, oltre a lavori di falegnameria come, ad esempio, interventi di sistemazione e adattamento di cucine e mobili in seguito a traslochi. Per tutto quello che va al di là delle nostre competenze – installazioni elettriche, idraulica, edilizia, tinteggiatura… – ci avvaliamo della collaborazione di imprese specializzate. Molti di questi partners sono anche nostri amici che hanno deciso di darci una mano collaborando con noi. Sono aziende della zona, serie e molto conosciute, con grande esperienza.
Perché scegliere la via dell’impresa in un momento così difficile? Non era meglio cercare un lavoro sicuro come dipendenti?
Noi crediamo nella nostra proposta perché nel panorama delle imprese ci è sembrato mancasse qualcuno che, come noi, si potesse occupare di tutto. Abbiamo visto che, specialmente quando si è alle prese con una ristrutturazione, molto spesso è difficile reperire i vari tecnici e artigiani e coordinare i loro interventi. Chi decide di contattarci non dovrà cercare magari altre tre o quattro ditte e poi preoccuparsi di combinare orari, tempi e modi. A questo pensiamo noi.
È stato difficile concretizzare il vostro progetto?
L’idea ci è venuta molto tempo fa ma per realizzarla abbiamo dovuto affrontare non pochi problemi e difficoltà. È stato difficile capire come trovare i soldi. Con non poca fatica una agenzia di credito ci ha concesso un finanziamento, ma abbiamo dovuto fornire precise garanzie. All’epoca della nostra richiesta non erano ancora previste particolari facilitazioni per i giovani e abbiamo dovuto farci garanti con i beni che possediamo e con assicurazioni sulla futura riuscita del progetto. Per ottenere qualcosa ci è voluto veramente molto tempo. Abbiamo puntato tutte le nostre risorse e le nostre energie su questo progetto. Non vogliamo sbagliare niente né tralasciare nulla anche per quanto riguarda la presentazione e l’inaugurazione che sarà il nostro modo di accogliere amici, collaboratori e clienti.
Come pensate di pubblicizzare la vostra attività?
La migliore pubblicità è il cliente soddisfatto, il passaparola di chi si è trovato bene con noi. Puntiamo soprattutto sul lavoro fatto bene e sulla qualità dei materiali e dei prodotti che utilizziamo e che sono solo di produzione italiana.
Ma questo non fa aumentare i costi?
È vero ma sono di qualità superiore, funzionano meglio e, quando serve, è molto più facile trovare i ricambi. Noi non ci preoccupiamo solo dell’installazione ma seguiamo il cliente nel tempo garantendo una costante assistenza.
Come vedete il futuro?
Da parte nostra ce la stiamo mettendo tutta. Avere fiducia è un dovere ma ora, a pochi giorni dall’apertura, non mancano neppure ansie e timori. In fondo la nostra è stata una scommessa. Una scommessa sul lavoro per il nostro futuro e quello delle nostre famiglie.
Massimo Damiano
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