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Papa Francesco: l'8 marzo per ribadire l'importanza delle donne

Papa Francesco: l'8 marzo per ribadire l'importanza delle donne

Una giornata – l’8 marzo – per ribadire l’impegno delle donne e l’importanza della presenza delle donne nella nostra vita e riflettere sulla presenza della donna nella Chiesa.

«Rivolgo un saluto a tutte le donne che ogni giorno cercano di costruire una società più umana e accogliente. Un grazie fraterno a quelle che in mille modi testimoniano il Vangelo e lavorano nella Chiesa. Questa giornata è l’occasione per ribadire l’impegno delle donne e l’importanza della presenza delle donne nella nostra vita. Senza, il mondo sarebbe sterile: portano la vita e ci trasmettono la capacità di vedere oltre, capire il mondo con occhi diversi, un cuore più creativo, paziente e tenero. Anche nella Chiesa è importante chiedersi: quale presenza ha la donna? Soffro quando vedo che nella Chiesa il ruolo di servizio – che tutti dobbiamo avere – della donna scivola verso un ruolo di “servitore”. Non so se si dice così in italiano. Quale presenza ha la donna nella Chiesa? È una realtà che mi sta molto a cuore». Così il lucido insegnamento di Papa Francesco.

La festa della donna l’8 marzo è strettamente collegata con la pace. Erroneamente si crede che la data derivi dall’incendio nel 1908 in una fabbrica tessile americana. Il rogo ci fu, morirono 146 lavoratori quasi tutte donne, ma accadde tre anni dopo nel 1911. Il 16 dicembre 1977, con la risoluzione 32/142 l’assemblea generale delle Nazioni Unite propone a ogni Paese celebri la «Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle donne e per la pace internazionale». Già molte nazioni celebravano la donna l’8 marzo che rimase la data più gettonata. In Italia la «Giornata» si tiene per la prima volta il 12 marzo 1922, per iniziativa del Partito Comunista d’Italia, che era stato fondato l’anno prima a Livorno.

L’incendio ci fu, ma il 25 marzo 1911 a New York: Triangle Waist Company era una fabbrica tessile che occupava i tre piani più alti dell’Asch Building. La compagnia produceva camicette, modello «shirtwaist», molto di moda all’epoca, e occupava circa 500 lavoratori, in gran parte giovani donne immigrate. Alcune avevano 12-13 anni e facevano turni di 14 ore per una settimana lavorativa che andava dalle 60 alle 72 ore per una paga media di 6/7 dollari la settimana. Una miseria: era lo sfruttamento generalizzato introdotto dal capitalismo più sfrenato. Un pomeriggio scoppiò improvvisamente un incendio, i tessuti usati per le camicette erano altamente infiammabili. I proprietari si misero in salvo e lasciarono morire le donne e gli uomini intrappolati, perché era abitudine chiuderli a chiave affinché non si allontanassero dal luogo di lavoro.

Ci furono 146 vittime di cui 129 italiane ed ebree dell’Europa orientale e 62 morirono lanciandosi nel vuoto. Delle 38 italiane, 24 erano salpate dalla Sicilia alla ricerca di una vita migliore. Il processo «truccato», assolse i proprietari e l’assicurazione pagò loro 60 mila dollari per i danni subiti – 400 dollari per ogni morto – mentre le famiglie furono risarcite con 75 dollari. Il racconto del più grave incidente industriale della storia di New York è rievocato da Serena Ballista, scrittrice e femminista, nell’albo illustrato «Per mille camicette al giorno». La voce narrante è una camicetta che, esposta in una vetrina davanti al grattacielo, paragona le camiciaie a delle «comete arroventate che, prima di esaurirsi sui marciapiedi freddi di New York, avevano orbitato con una certa tenacia attorno alla Terra».
«Nel mondo lacerato dall’odio è indispensabile il ruolo delle donne» dice Francesco il 7 marzo 2024. Sulla questione femminile fa una duplice raccomandazione: da un lato chiede di valorizzare il contributo delle donne nella soluzione dei mali del nostro tempo; dall’altro invita a non escludere le bambine, le ragazze e le giovani dall’istruzione, definendo «vergognoso» il fatto che in alcune Paesi accada sistematicamente. Mette in evidenza dieci figure di sante: Giuseppina Bakhita, Magdeleine di Gesù, Elizabeth Ann Seton, Maria MacKillop, Laura Montoya, Kateri Tekakwitha, Teresa di Calcutta, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès, Maria Beltrame Quattrocchi e Daphrose Mukasanga. «Aiutiamoci, senza forzature e senza strappi, con un accurato discernimento, docili alla voce dello Spirito e fedeli nella comunione, a individuare vie adeguate perché la grandezza e il ruolo delle donne siano maggiormente valorizzati».

Si sofferma sull’espressione «artefici dell’umano» e spiega: «Il nostro è un tempo lacerato dall’odio, in cui l’umanità, bisognosa di sentirsi amata, è spesso sfregiata dalla violenza, dalla guerra e da ideologie che affogano i sentimenti più belli del cuore. In questo contesto, il contributo femminile è più che mai indispensabile: la donna sa unire con la tenerezza». Cita quello che diceva Santa Teresa di Gesù Bambino: voleva essere nella Chiesa l’amore. Il Pontefice aggiunge: «Aveva ragione: la donna, con la sua capacità unica di compassione, con la sua intuitività e la sua connaturale propensione a “prendersi cura”, sa in modo eminente essere, per la società, “intelligenza e cuore che ama e che unisce”, mettendo amore dove non c’è amore, umanità dove l’essere umano fatica a ritrovare sé stesso».

Occorre che la donna non sia discriminata, a partire dalla formazione. Per questo raccomanda di mettere fine all’odiosa pratica di impedire alle donne di studiare, per esempio in regimi teocratici come Iran e Afghanistan: «Nel mondo, dove le donne soffrono tante violenze, disparità, ingiustizie e maltrattamenti c’è una forma grave di discriminazione, legata alla formazione. In molti contesti la donna è temuta, ma la via per società migliori passa attraverso l’istruzione delle bambine, delle ragazze e delle giovani, di cui beneficia lo sviluppo umano». Infine, nella formazione cattolica chiede che i luoghi formativi siano ambienti «dove si aiuta ad aprire la mente e il cuore all’azione dello Spirito. Perciò è importante far conoscere specialmente le sante, in tutto lo spessore e in tutta la concretezza della loro umanità: così la formazione sarà ancora più capace di toccare ogni persona nella sua integralità e unicità».

Pier Giuseppe Accornero

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