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Attualità  

Sui temi etici moratoria utile ma non basta

Sui temi etici moratoria utile ma non basta

Il filosofo del diritto, Francesco D’Agostino, non teme una “legislazione che sanzioni i residui di aggressività omofoba”. Ma, aggiunge, “non voglio che una legislazione sanzionatoria dell’omofobia si trasformi in modo subdolo in una legge che limiti la libertà di espressione, pensiero e ricerca”.

Francesco D'Agostino
Il filosofo del diritto, Francesco D’Agostino

Una moratoria legislativa sui temi etici per “evitare l’introduzione di elementi divisivi nel senso comune del popolo”. A proporla quattro deputati del Pdl. Di “manovra tattica che può servire a raffreddare gli animi per rinviare il dibattito ed evitare che prima delle ferie estive si possano accelerare decisioni poco ponderate”, parla al Sir Francesco D’Agostino, ordinario di filosofia del diritto all’Università di Roma Tor Vergata, con il pensiero al provvedimento che introduce in Italia il reato di omofobia, calendarizzato in aula per venerdì 26 luglio.

Che significato antropologico-culturale può avere questa proposta?
“Una richiesta di moratoria su temi che riguardano il bene comune, e preciso che non si tratta di bene confessionale dei cattolici, ha solo una valenza tattica: il dibattito sull’omofobia è importante ma mi sembra che alcuni dei promotori ne auspichino l’approvazione con toni esasperati. Il rischio è una legislazione frettolosa. Dal punto di vista strategico è una proposta troppo povera per poter reggere le odierne dinamiche culturali o per aprire un serio dibattito. Il nostro Paese ha invece bisogno di un salto di qualità”.

Che cosa intende?
“Come cittadino, prima ancora che come cattolico, sono perplesso che emergano e acquistino rilievo, ancora una volta, proposte tattiche e non strategiche. Vorrei finalmente capire la reale strategia dei nostri cattolici in Parlamento. Si sentono già sconfitti a priori e proprio per questo non ne hanno alcuna? La tattica può far perdere tempo ma riguarda la contingenza, non è mai una prospettiva di ampio e lungo respiro. Vorrei che – cattolici e non – tutti quelli che prendono sul serio il problema antropologico – non religioso! – della sessualità e della famiglia, chiarissero la propria linea strategica. Non condivido la posizione ‘perdente’ di chi si arrocca nella negatività e sostiene che l’attuale situazione normativa è soddisfacente. Preferisco la linea di chi si chiede se nell’attuale momento storico le tensioni presenti in questi ambiti non richiedano una legislazione nuova, intelligente, e tale da garantire i valori antropologici fondamentali”.

Qual è la sua opinione sul provvedimento sull’omofobia?
“Non ho paura di una legislazione che sanzioni i residui di aggressività omofoba. Essi meritano di essere puniti, ma non voglio che una legislazione sanzionatoria dell’omofobia si trasformi in modo subdolo in una legge che limiti la libertà di espressione, pensiero e ricerca sui temi della sessualità e dell’omosessualità.  Approviamo pure una buona legge sull’omofobia, oggi mancante e sollecitata anche dall’Ue e dal presidente della Repubblica, a condizione che garantisca libertà di espressione e di ricerca, secondo le linee della nostra Costituzione”.

Che cosa chiede, in concreto?
“L’inserimento di una clausola di garanzia per evitare il rischio che chi afferma – in base alle sue ricerche scientifiche, antropologiche, religiose – che l’omosessualità è una patologia, venga perseguito come omofobo, e che assicuri il rispetto della sua opinione. Non un ‘no’, ma un ‘sì’ detto con intelligenza e proposte calibrate, auspicabile anche in altri ambiti”.

Ad esempio?
“Pensando ai molti disegni di legge sulle unioni gay presenti in Parlamento, alla dilagante apertura in tutto l’occidente ai matrimoni omosessuali e all’enorme pressione sociale e psicologica sul tema, non condivido l’idea, da più parti affermata, che l’omoaffettività, di per sé, meriti tutela. Potrebbero meritarla invece nuove forme di convivenza, sessuate o non sessuate, che oggi creano problemi sul piano del diritto come le ‘convivenze senili’ di chi coabita per condividere le spese, o le forme di convivenza presenti in alcune nuove espressioni di vita consacrata. Non si tratta di riconoscere forme alternative di famiglia perché la famiglia è una sola, la famiglia generativa uomo-donna che progetta un futuro intergenerazionale e meriterebbe ulteriori tutele e forme di appoggio. Occorre però una legge intelligente che tuteli nuove forme di convivenza, non in chiave di alternativa o allargamento della famiglia tradizionale, ma come nuovo istituto giuridico giustificato da nuove esigenze sociali. All’interno di queste forme potrebbero rientrare anche le coppie omosessuali. E c’è un altro discorso, difficilissimo ma necessario…”.

Prego…
“Nel nostro Paese aumenta costantemente la popolazione islamica al cui interno esistono forme di rapporti poligamici. Non dobbiamo assimilare la poligamia riconoscendola come alternativa al matrimonio monogamico – sarebbe tradire la nostra tradizione – ma bisogna garantire anche alle eventuali seconde o terze conviventi, che se venissero ripudiate si troverebbero in mezzo alla strada, una tutela oggi non riconosciuta dal nostro ordinamento che le considera semplicemente ‘ospiti’ dell’uomo. Più che di tattica, abbiamo insomma bisogno di una nuova intelligenza giuridica a 360 gradi, volta a tutelare i soggetti più deboli per anticipare tensioni sociali che una volta prodotte sarebbero difficili da gestire”.

Giovanna Pasqualin Traversa (SIR)

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