3 Dicembre 2010
NON FUGGIRE DALL’IMPEGNO POLITICO
Riflessione a margine della Settimana Sociale La Chiesa italiana ha celebrato a Reggio Calabria la 46ª Settimana Sociale. Tema: “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del paese”. La Settimana Sociale si è collocata in un tempo in cui il gradimento della politica da parte dei cittadini ha raggiunto il punto più basso dal 1945. Non si tratta solo di un disamoramento temporaneo, ma di un discredito pericoloso che cresce giorno per giorno. La politica si è fatta spettacolo: apparire è più importante di essere, la propaganda prende il posto del fare. Siamo passati troppo precipitosamente dal “bipolarismo” al “bipartitismo” attuando la fusione di partiti molto diversi per storia e cultura tra di loro e questo determina continui dissensi interni, indecisioni nelle scelte, ricerca di una identità nuova. Nel titolo della Settimana Sociale, e non a caso, compariva il termine “agenda”, il che significava individuare l’insieme delle cose da fare, dopo averle meditate e ripensate. Non si può galleggiare sulle emergenze! Si tratta di far uscire la politica italiana dal vicolo cieco in cui sembra essersi arenata, ricordando però che democrazia, etica sociale, legalità ed economia non possono essere separate. Occorreva dunque, non solo proclamare ad alta voce “i valori non negoziabili” o i principi della Dottrina Sociale, ma valutare come è possibile farli penetrare in una società sempre più secolarizzata. Per questo il laicato cattolico è stato richiamato ad essere soggetto politico che si misura seriamente sui problemi in modo autonomo e con responsabilità propria. Laici nella Chiesa e cristiani nella società capaci, cioè, di far crescere in autonomia una coscienza critica a partire dalla propria identità di fede. La gestione della cosa pubblica esige confronti a tutto campo, idee per la formazione e la crescita delle responsabilità, una ripresa della cultura della legalità, un rilancio dell’etica sia a livello individuale che sociale. Non è quindi un “optional” per i cristiani l’impegno politico, né una “concessione” che viene ad essi fatta dai Pastori della Chiesa, ma un preciso dovere, essendo la forma più alta della carità. Riaffidare ai laici la responsabilità ultima delle scelte concrete secondo il loro diritto-dovere di cittadini che si interessano, partecipano e si appassionano al mondo in cui vivono, vuol dire ridare ad essi quello spazio di autonomia che loro compete e che, mentre il Vaticano II lo aveva ben individuato, talvolta si è andato restringendo. A Reggio Calabria ci si è misurati in concreto sulla crisi economica e sulla disoccupazione giovanile, sulla famiglia e la scuola, sul multiculturalismo crescente, sulle nuove frontiere della scienza, sulla forte denatalità, proponendo soluzioni realisticamente possibili, utilizzando le categorie del dialogo con tutti e della mediazione culturale, rimuovendo quella sorta di disimpegno che spesso per tanti cattolici ha costituito un comodo rifugio. Così è stata stigmatizzata la mancanza di coerenza di tanti cattolici che magari frequentano regolarmente le parrocchie e danno il loro sostegno e la fiducia immeritata a politici che vantano o cercano per se stessi appoggi e sostegni nel mondo ecclesiale. Ricordiamo a questi ultimi quanto Sant’Ignazio d’Antiochia diceva “è meglio essere cristiani senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo”.
Aurelio Bernardi
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