18 Marzo 2015
Ma quanto sei cambiato papà!
18 marzo 2015
«Tutto cambia…», così canta Mercedes Sosa nella sua celebre canzone. E c’è molta verità in questo, anche se guardiamo alla figura del papà, al suo ruolo, al modo di intendere e di vivere il compito di genitore all’interno della coppia e della famiglia.
C’è stato un tempo in cui il riferimento ideale andava al libro “Cuore” in cui il padre di Enrico si rivolge al figlio inviandogli periodicamente delle lettere. In questo modo lo corregge, lo elogia, lo educa ai grandi valori civili. Un padre un po’ distante per la verità, dispensatore austero di saggezza, depositario di principi nobili, esempio di rettitudine e serietà che guida il giovane Enrico nel percorso verso l’età adulta.
Molta acqua è passata sotto i ponti, da allora. Oggi infatti sono sempre più i padri che intervengono attivamente nella vita dei figli molto prima che questi siano in grado di leggere e comprendere lettere dense di altissimi concetti. Non lo faranno forse proprio tutti ma ora è normale che un papà sia presente in sala parto e che magari sia proprio lui a tagliare il cordone ombelicale. E poi sarà anche lui a cambiare pannolini, preparare pappe, portare a spasso il bebè, prendersene cura quando ha male al pancino.
Insomma i papà odierni tendono ad assomigliare sempre più alle mamme e sembra che provare e dare tenerezza non li spaventi né disorienti più di tanto.Questo cambiamento, una vera mutazione antropologica secondo alcuni esperti, è iniziata circa una trentina di anni fa quando i padri attivamente coinvolti nella cura dei loro neonati erano definiti, almeno qui in Italia, come “mammi”. Gli studiosi hanno analizzato il fenomeno giungendo a conclusioni diametralmente opposte.
Per qualcuno, negli uomini che si prendono cura dei figli molto piccoli si svilupperebbero addirittura gli ormoni femminili della gravidanza, per altri invece un tale atteggiamento paterno sarebbe un modo per sfuggire alle responsabilità proprie del genitore maschile. Comunque lo si voglia leggere è comunque evidente che è in atto un reale cambiamento. Secondo una recente inchiesta questi “nuovi papà” sarebbero uomini tra i 31 e i 35 anni con figli al di sotto dei tre anni e mogli o compagne lavoratrici in possesso di titoli di studio alti.
Geograficamente sarebbero collocati perlopiù al centro-nord. Certo non è possibile affermare che questo modo di vivere la paternità si stia imponendo come il modello prevalente, tuttavia è innegabile che si stia andando nel senso di un crescente coinvolgimento dei padri nella vita dei figli. Un bambino si desidera in due, si concepisce in due, si ama in due ed è abbastanza naturale che lo si cresca anche in due, fin da subito, senza rimandare l’intervento del padre a quando sarà più grande.
In questo influisce indubbiamente anche la trasformazione del modo di intendere i ruoli maschile e femminile in generale. Ruoli che diventano sempre più intercambiabili e che non fanno più riferimento a modelli ben definiti, consolidati e radicati nel costume e nella cultura. Si è parlato e si parla ancora molto di liberazione della donna, ma anche l’uomo in qualche modo si sta liberando. In particolare dalla paura, dal pudore di manifestare apertamente emozioni, sentimenti, tenerezza.
Tanti giovani papà sembra abbiano sempre meno bisogno di mostrare in questo modo la loro virilità. Il rovescio della medaglia potrebbe indubbiamente essere la crisi e l’indebolimento dell’identità maschile, ma è pur sempre vero che la forza, se è autentica, non teme la tenerezza. Se poi guardiamo la questione dalla parte dei figli, questi non potranno che avvantaggiarsi di un papà presente, attivo, premuroso.
La mamma è la mamma e non si discute, ma le nuove generazioni hanno un gran bisogno di padri, li cercano (a volte anche in luoghi sbagliati), si aspettano molto da loro. È un diritto, una necessità profonda pure se spesso inconfessata. Un papà, magari non perfetto, non il migliore del mondo, con i suoi difetti, qualche debolezza, un pizzico di crisi di identità, ma un papà che c’è, che sa essere vicino, che ad ogni figlio e figlia in ogni momento è capace di dire «sono qui, tu sei importante per me».
Massimo Damiano
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