18 dicembre 2015
Dopo il popolo del 20 giugno sceso in piazza per amore della famiglia e dei figli; dopo la moratoria ONU proposta dai circoli La Croce, le proteste delle femministe italiane dell’appello “Se non ora quando” e di quelle francesi guidate dalla Agacinski, arriva un’importante vittoria: L’UE con una sentenza ha detto no all’utero in affitto.
Mario Adinolfi, direttore de La Croce e promotore dei Circoli omonimi, ha così commentato la notizia su Intelligonews: «È un’importante vittoria della resistenza italiana. Oggi al parlamento europeo si manifesta l’elemento determinante del voto degli europarlamentari italiani e in particolare della vastissima area di dissenso rispetto alle direttive dei socialisti europei che ha riguardato il Pd. Gli europarlamentari democratici hanno detto no alle direttive del socialismo europeo di Schultz. Per una persona come me che ha fatto il parlamentare Pd, che ha scritto un libro con la copertina rossa dal titolo “Voglio la mamma” col sottotitolo “Da sinistra contro i falsi miti del progresso”, è la dimostrazione che due anni di lavoro faticoso premiano. Noi vinciamo perché convinciamo, nonostante i consigli di qualche cattolico… Mi riferisco a contesti in cui per anni, alcuni cattolici mi spiegavano che non bisognava modificare gli equilibri e che avremmo perso sicuramente. Il voto del parlamento europeo spiega il valore di una fatica costruita su tre piani: informazione e noi abbiamo spiegato bene cosa è l’utero in affitto; informazione non sterilmente giornalistica ma finalizzata alla mobilitazione e la piazza di San Giovanni il 20 giugno scorso è il simbolo per eccellenza. Il terzo piano è la resistenza. Informare per mobilitare e resistere, cioè saper fronteggiare un’idea che pare prevalente ma è solo mediaticamente prevalente, perché non ha agganci reali nel sentire del popolo. Questo percorso attraverso i tre piani che abbiamo costruito è vincente perché convincente. E il voto del parlamento europeo in un contesto che ha sempre preso strade opposte, oggi dimostra che l’incidenza dell’Italia che resiste è determinante».
Daniele Barale