Le nuove generazioni si integrano con migliori risultati Le comunità islamiche si inseriscono in Europa in un modo più positivo e maturo rispetto al passato e con un approccio più responsabile verso le istituzioni dei Paesi che le ospitano. Il merito va soprattutto alle nuove generazioni, la seconda e la terza, nate sul Continente, che si integrano con migliori risultati nella società europea. Riparte da Torino, all’insegna di un cauto ottimismo, il dialogo tra cattolici e musulmani che tornano a confrontarsi per costruire insieme un modello di vita basato sulla convivenza pacifica e sul reciproco rispetto delle differenze religiose. Compito arduo ma non impossibile nonostante difficoltà, pregiudizi e malintesi. In Europa vivono 11 milioni di musulmani, una realtà entrata ben presto in contatto con le famiglie europee, con le parrocchie e con le diocesi. Per tale motivo il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) ha convocato a Torino arcivescovi, cardinali e trenta delegati delle Conferenze episcopali europee responsabili per il dialogo con l’Islam che si confrontano per tre giorni, insieme ad alcuni esperti, sullo stato del dialogo tra cattolici e islamici in Europa e sulla percezione dell’Islam nei vari Paesi europei, interrogandosi sui danni prodotti dalle guerre e dalla violenza che insanguina vari Paesi del nord Africa e del Medio Oriente. “A due anni di distanza dall’incontro di Bordeaux il convegno di Torino è un’occasione importante per analizzare queste tematiche, ha detto monsignor Duarte da Cunha, segretario generale del Ccee, che ha promosso l’incontro, far conoscere la molteplicità dei rapporti avviati dalla Chiesa con le comunità musulmane e verificare le esperienze di dialogo realizzate insieme nei singoli Paesi europei, dalle quali emergono successi ma anche difficoltà”. Don Andrea Pacini, studioso dell’Islam e segretario della Commissione regionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso del Piemonte, ha ricordato che in Europa i momenti di confronto tra cristiani e islamici sono sempre più frequenti elevando il dialogo interreligioso a livelli molto concreti. “La Chiesa, ha affermato don Pacini, cerca di promuovere l’incontro con l’Islam condividendo con questa realtà religiosa spazi posseduti in comune come le cappellanie ospedaliere, militari e universitarie che offrono opportunità di dialogo concreto e dove si svolge un’opera di grande valore, una sorta di missione spirituale e umanitaria condivisa”. Oltre al rapporto tra Stato, Chiesa e Islam in Europa, alla tre giorni torinese si è anche parlato del ruolo della scuola, della formazione degli imam e dell’islamofobia. “Vogliamo capire, ha aggiunto monsignor da Cunha, se esiste davvero l’islamofobia in Europa e quali sono i motivi che sono dietro a questa paura per l’Islam sperando che l’Europa possa superare ogni forma di cristianofobia e islamofobia come anche ogni forma di paura verso l’altro diverso da sé”. Per il cardinale Jean Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e vice presidente del Ccee, che ha aperto l’incontro, la paura dell’Islam in Europa è legata a una serie di ragioni che vanno dal terrorismo internazionale alla situazione delle minoranze cristiane in alcuni Stati islamici generando un movimento di rigetto dell’Islam che significa anche rifiuto degli immigrati musulmani. “Si tratta di un fenomeno, ha aggiunto il vescovo francese, che deve essere analizzato attentamente in un momento in cui i musulmani acquisiscono una maggiore visibilità sociale in Europa”. Sui rapporti tra cristiani e musulmani in Medio Oriente e nel nord Africa è intervenuto l’arcivescovo di Tunisi, monsignor Maroun Lahham, ricordando che l’Islam non è un blocco monolitico e le differenze sono molte nei vari Paesi. “Per un arabo cristiano, ha osservato Lahham, il fatto che l’Europa rifiuti l’accoglienza è qualcosa che va contro la sua cultura di solidarietà e ospitalità. In questi ultimi mesi l’Europa e l’Italia sono state poco generose verso i profughi che scappavano dal nord Africa”. Nei confronti della “primavera araba” e dei movimenti per la democrazia che stanno mutando lo scenario geopolitico del Mediterraneo il vescovo di Tunisi ha espresso ottimismo e fiducia. “La Tunisia si sta avviando verso un sistema democratico con un Islam moderato e la prossima tappa di questo processo rivoluzionario saranno le elezioni che si svolgeranno a settembre.
Filippo Re