31 Marzo 2011
L’Italia dal basso
I santi sociali del passato e del presente A fronte di innegabili difficoltà che si frapposero, magari pure per reciproche miopie politiche e culturali, tra il cammino articolato dell’Unità d’Italia nell’800 e l’atteggiamento ufficiale della Chiesa gerarchica, molti, in questi giorni da 150° tricolore, hanno sottolineato viceversa l’apporto significativo, profetico e lungimirante di quelli che in Piemonte soprattutto sono passati alla storia come i “santi sociali”, in grado di dare un volto diverso al mondo cattolico ottocentesco, ridisegnato dal basso come accogliente tra gli ultimi, impegnato sulle frontiere cruciali delle povertà, intraprendente rispetto ai bisogni concreti di tanti. Insomma un’Italia costruita allora, da credenti, nella mischia quotidiana, spendendosi tra la gente, facendo crescere una fraternità che rompeva schemi, steccati, chiusure ideologiche, rigidità anacronistiche, contrapposizioni aspre. Dobbiamo fare dei nomi? Beh, sono quelli noti. Comunque da non dimenticare. Giuseppe Benedetto Cottolengo tra i malati ed i disabili senza assistenza, Giovanni Bosco tra i ragazzi e gli adolescenti abbandonati a se stessi, Leonardo Murialdo tra le nuove generazioni bisognose di un lavoro dignitoso, Giulia Colbert marchesa di Barolo e il marito Carlo Tancredi Falletti tra le ragazze spesso nell’emarginazione più penosa e tra i malati terminali per il colera, Francesco Faà di Bruno scienziato prima e prete poi tra le “badanti” di allora spesso sul lastrico per gli egoismi dei ricchi padroni.Certo, questa è storia di ieri. Che però ha parecchio da insegnare ai nostri tempi complicati. Molte cose sono cambiate. Ma “i poveri sono sempre con noi”. Magari cambiano pelle e provenienza. Magari hanno il volto inedito di tanti colpiti inesorabilmente dalla crisi, dalle disavventure più diverse, dai casi della vita. E poi ci sono, d’attorno, gli smarrimenti di troppi che perdono la bussola, che trascino esistenze senza senso, che sono sguarniti di ideali, che arrancano sull’orlo di disperazioni assortite. Insomma servono ancora (eccome) altri “santi sociali” targati terzo millennio. Forse ci sono già, un po’ nascosti ed un po’ evidenti. E magari vanno riscoperti ed ascoltati, mentre ce la mettono tutta nel volontariato, nelle Caritas, negli oratori, nelle varie accoglienze, nei crocevia dei tanti che fanno fatica oggi. E’ probabile che siano più numerosi di quanto si pensi. Sono più squadra. Sono diffusi. E, magari, fanno meno notizia. Ma fanno l’Italia delle persone, della solidarietà, della speranza. Fanno più bello il tricolore. Dovrebbero essercene di più, comunque.
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