2 Aprile 2025
Il nostro Papa, un ricordo di Giovanni Paolo II

A 20 anni dalla morte, don Dariusz Komierzynski ricorda Giovanni Paolo II e il significato della sua figura per la Chiesa e per il popolo polacco.
IL 16 OTTOBRE 1978 avevo 14 anni ed ero studente della settima classe elementare (il sistema scolastico polacco era diverso da quello italiano: 8 classi di elementari e poi 4 anni di superiori. Qualche anno fa, dopo la sperimentazione delle medie, si è tornati al sistema che ho frequentato io).
Non riuscivo a crederci: il cardinale Karol Wojtyła, da Cracovia, era diventato Papa: Giovanni Paolo II.
Ascoltavo le notizie su tutti i canali televisivi possibili (pochissimi) per essere sicuro che fosse vero.
Ricordo la mattina successiva, andando a scuola, le discussioni piene di gioia con i miei amici. Sapevamo poco di Karol Wojtyla. Si parlava molto di più del cardinale Stefan Wyszynski, il primate della Polonia.
Il primo pellegrinaggio in Polonia
Giugno 1979: indimenticabile il primo pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Polonia. In ogni città visitata dal Papa, una marea di gente, mai vista prima.
Un entusiasmo di fede che finalmente potevamo manifestare senza paura, e tanta, tantissima preghiera. E speranza per la libertà. Ero presente con la mia parrocchia a Cracovia.
Non ci sono parole per raccontare tutte le emozioni vissute lì, nelle Blonia di Cracovia. In quei tempi bui di vita molto difficile e di fede perseguitata, quell’incontro con Giovanni Paolo II era come il sole dopo un lungo temporale.
E poi Varsavia e le indimenticabili parole, o meglio il grido di preghiera, di Giovanni Paolo II:
«E grido, io, figlio della terra polacca e insieme io, Giovanni Paolo II Papa, grido da tutto il profondo di questo millennio, grido alla vigilia di Pentecoste: scenda il tuo Spirito! Scenda il tuo Spirito! E rinnovi la faccia della terra. Di questa terra!».
I brividi mi vengono ancora oggi… Era come una resurrezione, come togliere l’enorme pietra dalla tomba della Polonia. Cominciava a nascere la speranza.
Una persona che ascoltava davvero
Poi le scuole superiori e, dopo la maturità, la decisione di rispondere “sì” alla chiamata del Signore. Sei difficilissimi anni di studi teologici in Seminario, dove cominciai a conoscere meglio Giovanni Paolo II, studiando le sue parole e seguendolo nei successivi pellegrinaggi.
Dopo l’ordinazione sacerdotale, nel 1989, parecchie volte ho avuto la fortuna di incontrare personalmente Giovanni Paolo II. Non dimentico il suo sguardo pieno di attenzione con cui mi guardava. Poteva esserci attorno una marea di gente, ma l’incontro era sempre molto intimo. Guardava negli occhi e ascoltava. Ascoltava davvero, come se non ci fosse attorno nessun altro. Incredibile e indimenticabile.
Czestochowa 1991
L’incontro che a me, giovane prete, ha aperto gli occhi fu a Czestochowa. Era il 1991, la Giornata Mondiale della Gioventù. Ero lì con un gruppo di ragazzi. Ci accompagnava l’indimenticabile inno: Tu ci hai liberati, Signore: Abba, Padre. La seconda strofa parla della Chiesa: «Perché la Chiesa, come l’albero della vita, affonda le sue radici nell’eternità, permea la nostra
quotidianità e ci mostra Te: Abba, Padre». Un’indimenticabile festa della gioventù.
Ricordo frammenti dell’omelia del nostro Papa:
«In verità, grandi cose il Signore ha fatto per voi! Voi, cari giovani amici, ragazze e ragazzi, dovete essere testimoni fedeli e coraggiosi di queste “grandi cose” nei vostri ambienti, tra i vostri coetanei, in tutte le circostanze della vita… Vi dico con le parole di San Paolo:”Camminate secondo lo Spirito” (Gal 5,16). Permettete che “lo Spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza, di pietà e di timore di Dio” (cfr Is 11,2) permei i vostri cuori e la vostra vita, affinché attraverso di voi trasformi il volto della terra».
Lì ho scoperto cosa significa cattolico, cioè universale. Per la prima volta ho visto le bandiere dei giovani di tantissime nazioni: gruppi provenienti da Francia, Italia, Portogallo, Spagna… da tutto il mondo.
Il diario degli ultimi giorni
Nel 2005, dopo diversi anni da viceparroco, altri studi e vari incarichi, ero parroco in una piccola parrocchia. Qui sotto riporto le parole, molto semplici e povere, scritte sul mio diario nei giorni in cui moriva Giovanni Paolo II.
30 marzo (mercoledì) / 31 marzo (giovedì)
Sono le 24.00. La TV riferisce che la salute di Giovanni Paolo II è peggiorata. È terribilmente triste. Vive da 84 anni e la vita non gli ha risparmiato nulla. Ha perso presto sua madre e suo fratello. Durante la guerra ha lavorato nelle cave, ha visto morire molti dei suoi amici. Suo padre è morto. Fu perseguitato dalle autorità della Polonia comunista. E ora, distrutto dalla malattia, sta morendo.
31 marzo (giovedì)
Oggi il mondo intero parla solo del Papa. Ogni poche ore arrivano notizie dal Vaticano sul peggioramento della sua salute. Sono andato in chiesa: era piena di persone che pregavano per il Papa. Tornando, qualcuno mi ha chiesto: «Quanto a lungo vivrà il Papa?». Non sapevo che cosa dire. Da un lato vorrei che vivesse il più a lungo possibile, dall’altro sento che la fine si sta avvicinando.
1º aprile (venerdì)
1º aprile Pesce d’aprile. L’ho visto scritto sul calendario stamattina. Pesce d’aprile, ma nessuno fa battute. La sera Jonquin Navarro-Valls riferisce che la salute del Papa sta ulteriormente deteriorandosi.
2 aprile (sabato)
Sono appena tornato dalla chiesa. Tantissime persone pregano per il Papa. Sono le 22.30. Oggi, alle 21.37, Giovanni Paolo II, Papa, è morto.
Non ho nemmeno la forza di scrivere, le lacrime mi vengono agli occhi. Forse scriverò qualcosa domani. (…)
Ci sarà sempre una parte di lui in noi. Spero tanto che ora, attraverso e forse grazie alla partenza del Papa, le persone cambino e il mondo diventi migliore. Perché, se un uomo può essere simile a Dio e perfetto, quest’uomo era esattamente Giovanni Paolo II.
DON DARIUSZ KOMIERZYNSKI
PARROCO DI SAN ROCCO A DUBBIONE DI PINASCA
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