Ci sono diverse donne cui l’8 marzo dà francamente fastidio. Mia mamma, per esempio. Dice che non bisogna ricordarsi delle donne una volta all’anno, e, inoltre, non si riconosce per nulla nella retorica femminista della festa della donna. Sono d’accordo con lei su questi punti, ma, personalmente, amo le mimose, amo il messaggio che trasmettono (bellezza, fecondità, un profumo dolce e lieve), e trovo che ogni occasione per far festa, o ricordarsi in modo speciale di una persona o una categoria, sia sempre benvenuta.

Credo però che oggi, dopo tanti anni di “femminismo” con vari colori e varie ondate, il tempo di un certo tipo di approccio alla femminilità sia definitivamente trascolorato. Non perché le donne abbiano raggiunto il pieno riconoscimento dei loro diritti in tutte le parti del mondo; non perché le donne non subiscano tuttora varie forme di violenza, discriminazione, abuso; non perché non sia più necessario dedicare uno spazio particolare alla femminilità; ma perché non è, secondo me, con la retorica femminista che si migliora la situazione.

Al posto del “femminismo”, a mio vedere, è tempo che nasca un movimento “pro-woman”, se mi si passa il neologismo. Per la donna, non solo per la “femmina”; per la donna nella sua complessità, sgombrando il campo da alcune devianze del femminismo che di fatto hanno creato infelicità per moltissime donne.

Per la maggior parte delle bambine e delle ragazze, la maternità, per esempio, è un desiderio profondo e un sogno da coltivare; tuttavia, le cosiddette “conquiste” del femminismo hanno reso più difficile poterlo realizzare. Va benissimo che le donne possano studiare e lavorare come gli uomini; ma, avendo costretto la biologia femminile negli stereotipi di quella maschile, e obbligato le donne a perseguire carriere parallele a quelle degli uomini, abbiamo fatto sì che un gran numero di donne non possano nemmeno prendere in considerazione la maternità fino a quando il loro orologio biologico è pericolosamente vicino al fermare la lancetta delle fecondità.

Il femminismo ha promosso l’aborto come conquista di civiltà e diritto della donna; senza considerare le profondissime ferite interiori che restano, e resteranno per sempre, nel cuore delle donne che hanno abortito. Donne che rimpiangano di aver fatto nascere un loro figlio o figlia non ce ne sono, o ce ne sono pochissime. Donne che portano nel cuore la pena dell’aborto, e magari ogni anno ripensano al “compleanno” di quel figlio mai avuto, e non possono parlarne con nessuno perché si sentono non capite… ce ne sono troppe.

Gli esempi potrebbero continuare (si pensi, fra l’altro, a come il contorsionismo femminista ora promuove i diritti di uomini che “si identificano” come donne, e che di fatto privano le donne che sono biologicamente tali dei loro diritti; o al diluvio mediatico che si abbatte contro persone come J. K. Rowling che “osano” sostenere che la biologia non sia un fattore trascurabile nel definire una donna…; oppure ancora alle problematiche di salute psicofisica che la contraccezione chimica suscita in molte donne, laddove le formidabili risorse della pianificazione familiare naturale non sono conosciute, insegnate, divulgate). Molte sono infatti le sfide che le donne di oggi, anche nella nostra libera società occidentale, devono affrontare.

Credo, però, che il movimento “pro-woman” possa e debba nascere come spinta positiva per un “rinascimento” femminile, in cui le specificità e la bellezza unica dell’essere donna possano essere valorizzate, apprezzate, tutelate e protette. Questo sarà possibile, secondo me, solo se si penserà questo “femminismo alternativo” come alleanza uomo/donna, anziché come una lotta di potere di tipo marxista, un’opposizione fra classi in cui mors tua vita mea. No: proprio come la vita, la vita biologica e spirituale degli esseri umani, nasce dall’alleanza sponsale fra uomo e donna, così la “vita” di ogni donna, bambina, anziana, ragazza potrà essere amata e custodita nel modo migliore se insieme, uomini e donne, avremo l’audacia e la fantasia di sognare e realizzare un mondo a misura di donna, per tutte noi e per tutti noi. Perché un mondo che ama le donne è un mondo in cui tutti vivono meglio.

Chiara Bertoglio