21 Luglio 2014
Il microcredito per battere la crisi globale
21 luglio 2014
Una “lectio magistralis” alla Camera dei Deputati del premio Nobel “Muhammad Yunus” sul medio credito, il 10 luglio scorso, ha riscosso grande interesse e, soprattutto, una forte attenzione di molti media attorno ad un tema che può risultare decisivo per alleviare, almeno in parte, la drammatica povertà che affligge settori crescenti della popolazione mondiale. Il Premio Nobel – si era negli anni ’70 e in Bangladesh si moriva di fame e alluvioni – studiò come facevano le banche istituzionali e fece tutto il contrario. «Loro lavoravano per i ricchi, io volevo lavorare per i poveri, loro operavano i città, io sono andato nei villaggi, loro lavoravano con gli uomini, io mi sono rivolto alle donne».
Oggi la Grameen Bank ( che significa “banca di villaggio”) di Yunus è anche a New York e San Francisco e in tante altre parti del mondo sviluppato dove, come nei paesi in via di sviluppo, ci sono molti poveri. E ha ampliato la sua attività verso il social business. Ad esempio, racconta sempre il Premio Nobel, «con la realizzazione di impianti solari in Bangladesh, dove non c’era elettricità».
Una iniziativa, quella organizzata dalla Camera, che era di studio ma anche, e soprattutto, per sollecitare l’attuazione della legge sul microcredito, di cui l’Italia si è dotata, insieme a Francia e Romania, dal 2010 ma per la quale mancano ancora i regolamenti attuativi. La presidente Laura Boldrini nel suo intervento ha ricordato che «con la crisi e l’impoverimento delle classi medie, il microcredito è aumentato, in Italia, del 160 per cento». Del resto, sembra un aumento molto significativo ma in realtà non lo è per un paese dove solo il 5% ha accesso ai canali finanziari normali.
Il tema di fondo, dunque, è sempre quello della povertà nei paesi ricchi, e soprattutto di come tradurre il microedito – quella che Yunus chiama “finanza inclusiva” – in paesi in cui il sistema finanziario è fortemente regolato. Un problema non facilmente risolvibile e reso ancora più complicato se si allarga il discorso anche all’impresa sociale: partire dal basso o dall’alto, coinvolgere i governi oppure no, quale rapporto avere con il sistema bancario tradizionale.
Le posizioni del Premio Nobel sono molto nette: «Il sistema capitalista pompa verso l’alto, io voglio pompare verso il basso. Abbiamo iniziato con i piccoli gruppi a installare pannelli solari, ora in Bangladesh ce ne sono milioni».
L’impresa sociale, sempre secondo Yunus, deve servire a «trasformare anche i giovani da cercatori di lavoro in creatori di opportunità. Con la crisi non è la laurea che ti fa accedere al lavoro ma, quando la fase di crisi è al massimo, come sta accadendo in molte parti del mondo, abbiamo il massimo di opportunità di cambiare mentalità».
Stefania Parisi
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