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Attualità  

Il dovere della solidarietà

Il dovere della solidarietà

Intervista a Celeste Martina, presidente del Consorzio Pracatinat Un po’ d’Africa a Pra Catinat. Sono volti che, in questa bizzarra primavera, emergono dalla nebbia. Sono sorrisi, sguardi preoccupati, mani che salutano, voci che si cimentano in uno stentato italiano.
Ma come sono finiti ivoriani, etiopi e pakistani in uno dei casermoni di Pra Catinat a 1.785 metri di altezza? Alla domanda risponde Celeste Martina, presidente del Consorzio che gestisce la struttura.

La Regione Piemonte firmataria di un accordo con lo Stato (con cui si impegna ad ospitare l’8% dei profughi libici) ha richiesto a Pracatinat nella seconda decade di maggio di dichiarare una propria disponibilità ad accogliere profughi fuggiti dalla Libia.

Quale è stata la vostra risposta?

Pracatinat ha espresso a nome mio, non senza qualche dissenso, una disponibilità ad ospitare nell’edificio Agnelli, separato dall’altra struttura, e chiuso da due anni 100 cittadini provenienti dal Nord Africa, che si trovavano in Libia, occupati in varie mansioni, ed in fuga dalla guerra in corso. Questa disponibilità richiestaci da Prefettura e Regione ha comportato urgenti lavori di rimessa in agibilità della struttura a costi contenuti grazie all’impegno dei dipendenti di Pracatinat, squadra manutenzione e pulizia, dell’ACEA che ha ripristinato tempestivamente le forniture di acqua e di calore precedentemente interrotte con l’intervento della Ditta Locale Jourdan, su un progetto predisposto dall’architetto Elvio. Rostagno. In dieci giorni questa agibilità c’è stata ed il C.d.a. ha approvato la disponibilità ad alloggiare questi fratelli in difficoltà; l’Assessore Regionale Ravello ha visitato la struttura e ci ha sollecitato a renderla fruibile per questa emergenza in tempi rapidi.

Ad oggi com’è la situazione?

Abbiamo al momento 85 ospiti fuggiti dalla Libia, sbarcati a Lampedusa, trasferiti a Genova, poi a Settimo, ed accompagnati dalla Protezione Civile a Pracatinat ed alloggiati nei locali predisposti. Si tratta di soggetti tutti maschi, di età media inferiore ai 30 anni, indubbiamente, e a ragione, frastornati, ma disponili ad affrontare un percorso alla ricerca di una prospettiva migliore di quella dalla quale forzatamente sono dovuti fuggire.

Qual è la prima impressione di questa emergenza per Pracatinat?

Noi non possiamo che essere solidali con questi fratelli travolti da un qualcosa più grande di noi e di loro, li vediamo in attesa di conforto, speranza, risposte. Ci ha fatto piacere che alcuni di questi nella giornata che ha visto il Giro d’Italia transitare per il Colle delle Finestre, abbiano voluto, camminando in salita per più di due ore, assistere alla manifestazione sportiva in un bagno di folla con cui si sono integrati. Le prime giornate a Pracatinat li rappresentano come soggetti pacifici, normali, interessati ad interloquire, a presentare i loro problemi ed a chiedere risposte per il loro futuro.

Come pensate di attrezzarvi?

Le fasi di emergenza hanno dentro di sé elementi positivi, ma anche negativi. La non contestualità di azioni, accanto a quelle della ricettività e della gestione alberghiera costituiscono un dato di rischio che può precludere gli interventi attivati. Gazie, però, alla Croce Rossa, alla Protezione Civile, alla Regione, alla Prefettura e ai Carabinieri, gli elementi prioritari necessari, come l’assistenza sanitaria ed infermieristica, sono stati attivati. Dovremo d’intesa con i soggetti decisori – la funzione di Pracatinat è di Ente strumentale – predisporre direttamente o richiedere urgentemente la predisposizione di quella rete di servizi integrati che facciano di questa operazione umanitaria una operazione positiva per questi ospiti (funzione di interpretariato, mediazione culturale, assistenza sociale, alfabetizzazione, ecc.).

Come possono guardare avanti le persone ospitate?

La domanda non ha una risposta facile e andrebbe posta ad altri. L’iter che si individua ad oggi per queste persone, che sono in attesa dello status di rifugiati protetto da norme internazionali, prevede nell’arco di alcune settimane un colloquio in Questura al fine di ottenere il Modello C3 con cui si può attivare il Codice Fiscale ed effettuare la scelta del medico, strumenti di protezione sociale propedeutici a fasi successive, ma di per se stessi consistenti. Successivamente le Commissioni prefettizie, che a mio avviso dovrebbero prevedere sub-commissioni, verificheranno le condizioni per ottenere lo status di rifugiati, conseguito il quale i soggetti possono liberamente muoversi nell’area europea ed essere occupati. La tipologia ad oggi ospitata a Pracatinat è costituita da operai del settore edilizio, meccanico e da operatori del settore turistico-alberghiero.

Qualcuno manifesta timori…

Questa è una sfida che come Pracatinat, ma mi auguro come territorio più vasto, ci apprestiamo ad affrontare con convinzione, con senso di solidarietà, senza tutte quelle paure che purtroppo ci rincorrono continuamente, senza rinunciare agli elementi di sicurezza necessari, ma con uno sguardo più aperto che sappia considerare anche dal punto di vista umano, la necessità di costruire quel villaggio globale verso il quale, volenti o nolenti, ci stiamo avviando.

P.R. Un gruppo di giovani africani ospiti nella struttura di Pracatinat

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