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Attualità  

Il 2011 guarda all’America Latina

Il 2011 guarda all’America Latina

“Noi con il mondo” è punto di riferimento per le associazioni di volontariato internazionale del territorio Il 22 gennaio 2011 si è riunito a Pinerolo presso il Monastero della Visitazione, il gruppo “Noi con il mondo”, nato dall’aggregazione di numerose Associazioni del Pinerolese accumunate dall’attività di cooperazione con Paesi in via di sviluppo.
Si è trattato di un incontro dedicato alla formazione, alla condivisione delle esperienze e al confronto, con la partecipazione di don Matteo Zuppi, della Comunità di S. Egidio di Roma.
Don Zuppi ha guidato i partecipanti in una riflessione su alcuni temi fondamentali per tutti i coloro che sono impegnati nella cooperazione e in generale nell’attività di sostegno delle popolazioni che vivono in Paesi segnati dalla povertà, dalla malattia, dalla guerra.
Dopo aver raccontato la sua esperienza all’interno della Comunità di S. Egidio, il contesto iniziale di ideali ed entusiasmo e i cambiamenti che via via hanno caratterizzato il modo di vivere la solidarietà e di fare cooperazione da parte dei membri della Comunità, don Zuppi ha fornito alcuni spunti di riflessione. Poi un momento di confronto, in piccoli gruppi in cui ciascuno ha condiviso la sua esperienza. Quindi le considerazioni finali, le conclusioni di un pomeriggio ricco di temi importanti da approfondire e di stimoli per rafforzare le proprie motivazioni.
Anzitutto: quali sono le motivazioni che portano a vivere il rapporto di solidarietà con i paesi del Terzo Mondo? Come ci cambia questo rapporto?
Le motivazioni che spingono ciascuno ad impegnarsi in questo campo possono essere svariate: la semplice curiosità e la voglia di conoscere popoli diversi, la forte emozione provata in un’esperienza “in missione, il desiderio di lottare contro l’ingiustizia perché tutti gli uomini hanno pari dignità, la consapevolezza di essere parte di un tutto e che il nostro modo di vivere può influenzare anche molto le condizioni di vita di chi è molto lontano, la speranza di poter cambiare le cose.
Quel che è certo è che se le motivazioni non sono abbastanza forti e radicate, si rischia di perdersi e non è detto che l’entusiasmo iniziale sia uno stimolo che dura sempre. Soprattutto cominciando quando si è giovani i cambiamenti che intervengono (lavoro, famiglia), le difficoltà che crescono e gli impegni di ogni giorno possono prendere facilmente il sopravvento: non si trova più il tempo e si abbandonano le attività, ci si dimentica dei più poveri.
Ma le motivazioni possono anche cambiare e trasformarsi: lavorando ed impegnandosi nei progetti di sviluppo, si capiscono meglio le realtà con cui ci si confronta, aumenta il desiderio di fare bene il bene. A volte si sperimentano momenti di delusione, perché anche i poveri possono non essere “onesti” per definizione o perché ci si accorge di aver sbagliato ad investire in un certo progetto, magari per inesperienza o per ingenuità. Per fare davvero qualcosa di utile bisogna conoscere, bisogna ascoltare, osservare. Occorre fare di necessità virtù e diventare esperti in tanti campi, un po’ più tecnici ma senza perdere la passione.
È importante anche riuscire a comunicare l’esperienza fatta: non sempre il messaggio viene recepito con l’attenzione e la sensibilità che si vorrebbe, si rischia di non essere capiti. Tuttavia il valore della testimonianza non è affatto secondario; anche il momento della raccolta fondi deve essere occasione per diffondere la cultura della solidarietà non solo in senso materiale.
Come ci vedono gli altri?
Le risposte sono tante: a volte si è considerati dei benefattori, a volte coloro che depredano, che si impossessano delle risorse naturali. A volte si percepisce, nelle comunità che si visitano, come un senso di inferiorità, di impossibilità a raggiungere lo stesso “progresso”
Certamente è tanto ciò che si riceve, quando si viene a contatto con realtà nuove, diverse dalle nostre ma che hanno molto da raccontare, da insegnarci. Ad esempio il forte senso di appartenenza alla comunità, il forte radicamento nel proprio villaggio, il legame con la terra e con la famiglia, la dignità pur nella povertà, la fiducia nel futuro, valori che da noi sono forse ormai perduti.

Quale rapporto tra il nostro benessere e la povertà del Terzo Mondo?
Ciascuno al ritorno da un viaggio in questi Paesi vorrebbe poter conservare a lungo il senso di sobrietà, la capacità di accontentarsi di ciò che è necessario, di non eccedere nel consumo di beni materiali. Questo non è facile, ma certamente, può cambiare il modo di vivere il benessere, si può non esserne travolti, trovare un equilibrio, nella consapevolezza che ogni scelta di consumo non è priva di conseguenze anche a migliaia di chilometri da qui. Guardare all’universale è una responsabilità di ognuno: ogni persona ha la possibilità, tramite microscopici cambiamenti nel suo stile di vita di operare grandi cambiamenti, di essere un esempio, di sensibilizzare anche chi è meno consapevole delle grandi contraddizioni dell’economia globale.

Che cosa è “benessere”?
La disponibilità di beni materiali è sufficiente a dire che “si sta bene?” Nella società in cui viviamo la povertà esiste e può avere forme diverse. Le difficoltà economiche sono all’ordine del giorno per numerosissime famiglie, la crisi economica ancora non è finita e stanno aumentando le persone che non riescono a far fronte ai bisogni primari. Questo ci destabilizza, perché le difficoltà da affrontare sono tante e si aggiungono alle altre povertà anche di carattere non materiale: la solitudine, il disagio giovanile, l’emarginazione di chi è “diverso”, il non sempre facile rapporto con l’emigrante.

Povertà lontane e povertà vicine.
A volte può sembrare più semplice occuparsi della povertà lontana, la si vede come più evidente, come più “giustificabile” e gli interventi da attuare sembrano più immediati e fattibili (costruire una scuola, un pozzo, sostenere uno studente). La società in cui viviamo è complessa: dare un supporto materiale o, fare del volontariato può non essere sempre così facile e può anche spaventare: per burocrazia, per la numerosità degli attori con cui bisogna interfacciarsi, per le competenze che bisogna avere. Certo queste difficoltà non possono spaventare proprio chi, grazie al contatto con popoli e realtà diverse, ha sperimentato la dimensione della comunità.
La forza del cambiamento sta nel gruppo, nel senso del “noi”. Questa è probabilmente l’unica dimensione in cui si può sperare per invertire la tendenza alla decadenza dei valori, della giustizia e della dignità umana, per tentare di superare le immense contraddizioni che contraddistinguono il tempo in cui viviamo.

I prossimi appuntamenti
A conclusione della giornata, i gruppi di “Noi con il mondo” si sono dati appuntamento per il 25 febbraio presso il Teatro Incontro, dove si terrà una serata di immagini e musica sull’Africa e per il prossimo incontro di formazione, che avrà come tema “Fare il bene fa bene” e si svolgerà il 23 marzo alle ore 21.00 presso l’oratorio S. Domenico. Ci aiuterà nella riflessione il sociologo Bruno Manghi. In quell’occasione ci si confronterà anche con le prossime tappe e si porteranno idee per le iniziative del 2011. Quindi l’esperienza di Noi con il mondo continua: l’obiettivo è quello di organizzare eventi, spettacoli, incontri di formazione e di informazione per diffondere la cultura della solidarietà, della mondialità e della cooperazione.
Mentre il 2010 è stato dedicato all’Africa, nel 2011 ci si focalizzerà sull’America Latina. 1de64ce6-8a75-102e-be30-d673ba4f5ad8

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