1 Agosto 2014
I cristiani di Mosul
1 agosto 2014
“Esuli in patria” li definisce il patriarca caldeo Warduni. Oppure esuli e basta, dato che i pochi cristiani rimasti a Mosul, per lo più vecchi che non possono agevolmente muoversi, per cercare rifugio nei territori curdi o nel monastero di san Matteo, sulle colline attorno alla città, dove si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù, devono invece lasciare le loro case e abbandonare la città.
La bandiera nera dell’ISIS, l’esercito del califfo di Baghdad, da giorni sventola sui tetti del vescovado. Le statue della Madonna e dei santi, buttate a terra, gli altari ricoperti di drappi scuri, e resi poi impraticabili, sono lì a testimoniare la pratica violenta dell’islamismo estremista.
In questa situazione, il patriarca caldeo di Baghdad, monsignor Sako, ha escluso ogni forma di dialogo con gli islamisti, che ripetono “fra di noi non c’è che la spada”. E poi, aggiunge Sako, “non sempre sappiamo da dove vengono, ma chi sono sì, lo sappiamo, e che cosa vogliono: perpetuare i contrasti tra sciiti, sunniti ed estremisti, per infine eliminare i cristiani”.
L’obiettivo è svuotare la comunità cristiana, e poi portarla all’estinzione.
Al governo iracheno, ha detto a Radio Vaticana il nunzio, monsignor Giorgio Lingua, «si chiede di far fronte all’emergenza umanitaria che si sta creando per la gente che lascia tutto senza prendere nulla con sé. E tutto è di proprietà dello stato islamico».
Mons. Sako, da parte sua, ha mostrato all’agenzia d’informazioni Asia News copia della lettera in cui le milizie del cosiddetto califfato islamico ordinano “la conversione all’Islam dei cristiani e, se proprio non vogliono, di pagare la tassa, assai cospicua”.
Papa Francesco è intervenuto più volte su questi problemi, e sul diritto alla vita e alla pratica religiosa da parte dei cristiani in quelle terre.
Appena oltre Mosul, nel nord dell’Iraq, si trova Lalish, con la tomba dello sceicco Adi ibn Mustafa, che i Curdi considerano la reincarnazione del loro dio pavone, il demiurgo creatore. E i fedeli yazidi (dal persiano yazd, “angelo”) come ricorda il card. Ravasi in un recente contributo sul domenicale del “Sole”, quei fedeli, che poi sono i Curdi, recitano due volte al giorno la preghiera dell’esilio, o del viaggio, ricca di una spiritualità in cui tutti possono riconoscersi:
«Dio, aiuta le 72 nazioni del mondo,
aiuta coloro che soffrono, coloro che sono in esilio,
coloro che viaggiano,
coloro che si trovano nel bisogno,
e alla fine aiutaci!»
Domenico Carosso
LASCIA UN COMMENTO
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *