3 Marzo 2013
Giochi per adulti

Nel bar dove vado a vedere la partita c’è una parete cui sono addossate le slot machine. Sulla stessa – l’ho notato oggi mentre cercavo qualcosa di più interessante del nulla calcistico trasmesso da sky – un avviso recita più o meno così: “giochi vietati ai minori di anni 18”. Mi è venuto in mente il baretto del mio paesucolo dove, dodicenne, mi intrufolavo di tanto in tanto per fare una partita a flipper. E lì quel gioco, di fatto, era vietato ai maggiorenni che avevano altro da fare!
Sempre più o meno a quell’età, capitava talvolta che mi rintanassi a casa di qualche amico a giocare con i lentissimi giochi elettronici del Vic 20 e del loro antenato. Si infilava un’audiocassetta in un mangianastri e, se andava bene, dopo 40 minuti riuscivi a disputare un’ avvincente partita a tennis… pixel contro pixel. Il tutto sul monitor in bianco e nero del televisore. Al contrario, ho notato che le pubblicità di play-station, wii e simili non hanno come protagonisti dei ragazzini ma adolescenti e giovani. La cosa non mi torna. Soprattutto se penso alle sgridate che da bambino ricevevo quando trascuravo i compiti o i lavoretti di casa per perdermi nei miei giochi. Ora, se gli adulti diventano dipendenti da gioco diciamo che è una malattia e attiviamo dei centri – pagati da tutti! – per il loro recupero. La cosa mi torna sempre meno, soprattutto se penso all’attuale severità verso i bambini. I bambini – oggi più che mai – devono imparare ad accettare tutto: le scappatelle dei genitori, le famiglie allargate, i doppi papà e le doppie mamme, gli assistenti sociali che gironzolano in casa…
Una società indulgente con gli adulti (e con i loro giochi) e dura con i bambini ha qualcosa di marcio. Ha qualcosa che non va.
P.R.
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